Come nel mondo reale anche nel mondo virtuale quel che conta è «unire» e non «dividere». La rete è diventata una estensione della nostra cultura, delle nostre storie e della nostra memoria, e alla rete spesso ci affidiamo per comunicare o per sentirci un po’ meno soli. La rete può quindi metterci più facilmente in relazione attivando nuove dinamiche sociali e, pur senza sostituirsi alla rete dei contatti fisici, può contribuire ad unirci. Non c’è peraltro progresso senza le infrastrutture e la rete e, quindi, tutti noi dovremmo avere una connettività veloce, utile per garantire l’equità sociale nell’accesso ai servizi digitali in ogni area del territorio nazionale. Il «digital divide» o «divario digitale» è una nuova forma di divario sociale da colmare e riguarda coloro che hanno un accesso effettivo alle tecnologie dell’informazione e coloro che ne sono esclusi.
È un divario che può dipendere dalle condizioni economiche, dal livello di istruzione, dalle differenze di età, di sesso, di etnie o anche da fattori geografici. Il «digital divide» geografico riguarda le aree metropolitane che hanno accesso alle tecnologie dell’informazione e le altre aree che ancora ne sono escluse o ne hanno un accesso limitato. Tra le aree maggiormente penalizzate ci sono proprio i piccoli comuni, spesso ubicati in località lontane dalle aree metropolitane e in luoghi non facilmente accessibili. Risale al lontano 2015 il documento con cui viene descritta la strategia italiana per la banda ultra-larga con la suddivisione del territorio nazionale in sotto-aree: bianche, grigie e nere. La distinzione in aree fu effettuata ai fini della valutazione e della successiva assegnazione degli aiuti di stato.
Le aree bianche sono quelle prive di reti ultra-broadband, le aree grigie sono le aree in cui è presente o verrà sviluppata una rete da almeno un operatore privato, le aree nere sono quelle in cui verranno sviluppate al meno due reti ultra-broadband di operatori diversi. Sono ancora tante le aree bianche e in queste vi sono soprattutto i piccoli comuni, distanti dalle aree metropolitane e sovente situati in aree di difficile accesso. Le aree bianche sono oggetto di interventi dello stato e di privati volti ad accelerare i tempi per assicurare la disponibilità della banda larga che si basa sulla tecnologia ad onde radio. Gli operatori del settore si stanno orientando verso la Fwa per ridurre il gap esistente tra le zone ben cablate e le restanti zone. Il wireless Fwa è una valida alternativa alla fi bra soprattutto nei piccoli comuni dove è più complicato portare quest’ultima e si basa sulla presenza capillare delle antenne della vecchia Tv analogica. Lo sviluppo economico e sociale delle aree dei piccoli comuni dipenderà per tanto dalla capacità di programmare e vincere in tempi rapidi la sfida della digitalizzazione con il completamento del potenziamento delle reti nelle aree bianche.
Le reti e la digitalizzazione sono indispensabili premesse per portare sviluppo e benessere economico in tali aree, per il ripopolamento dei piccoli comuni e per un nuovo equilibrio tra aree metropolitane e il resto del territorio. L’innalzamento tecnologico e il miglioramento della rete dei trasporti nei piccoli comuni, potrà consentire la creazione di nuove start-up, di FabLab e di nuovi posti di lavoro, ma anche di effettuare lo smartworking nei luoghi di origine senza dover affrontare faticosi spostamenti verso le aree metropolitane. È possibile dunque creare una inversione di tendenza, ripopolare le aree dei piccoli comuni e migliorare la qualità di vita di tante persone che non dovranno abbandonare i propri luoghi di origine perché avranno la possibilità di scegliere di lavorare e di viverci.
Vito COVIELLO Responsabile AIDR Osservatorio tecnologie digitali settore trasporti
Quando si parla di Digital Divide si fa riferimento, alla scarsità di copertura Internet che riguarda poco meno del 30% del territorio italiano.
Il tema, effettivamente sussistente, rischia, tuttavia, di porre in ombra un altro aspetto del Divide: quello che trae origine dalla carenza di conoscenze, abilità e competenze idonee all’uso efficace ed efficiente della rete.
Se anche tutti fossimo validamente collegati al web, non per questo il problema del Digital Divide potrebbe dirsi risolto.
Con questa precisazione si può facilmente intendere che il problema dell’accesso alla Rete è più grave e più ampio di quello, pur importante, del mancato o carente collegamento fisico e tale da poter essere superato solo attraverso una approfondita e diffusa attività formativa rivolta, in particolare, agli strati più deboli e meno scolarizzati della popolazione.
Comunemente si ritiene che i giovani siano, sul “fronte Internet”, più ferrati degli anziani ma questa questa convinzione trova conferme solo parziali: anche tra le giovani generazioni, infatti, si fa un uso meramente di superficie dei vari device e non si va oltre quello che possono offrire facilmente le app o le piattaforme social più frequentate.
Per inciso, larghi strati della popolazione si affacciano, inoltre, sul web unicamente perché attirati dal linguaggio più praticato internazionalmente che è quello della pornografia.
Approfondendo l’aspetto dello scarso utilizzo delle potenzialità del web non può sfuggire che alla base di questo di sotto utilizzazione ci sia anche un mancata o insufficiente “spinta” da parte, primariamente, delle istituzioni (Stato, enti locali).
Raramente il Pubblico, per ritardi tecnico organizzativi ma anche culturali, offre in rete i servizi avanzati che pure il web potrebbe supportare ma che, a loro volta, postulano un retroterra ben preparato, organizzato e digitalmente orientato.
Se poi, dalla pubblica amministrazione, spostiamo lo sguardo alle aziende e alle iniziative no profit è facile avvedersi che, in molti casi, vengono prodotte delle presenze web disordinate non coerenti, non aggiornate e, soprattutto, dai contenuti estremamente poveri: semplici, banali informazioni sul tipo di quelle che era possibile trovare facilmente sugli abituali supporti cartacei.
Utilizzando una metafora abitualmente riferita agli ospedali e alle prigioni, potremmo dire che anche le pagine web sono lo specchio delle organizzazioni che le esprimono.
Bene, quindi, la diffusione del collegamento a internet … ma non dimentichiamo che l’implementazione della cultura e delle competenze digitali dovranno avanzare di pari passo: ciò, non solo per dar modo di approfittare pienamente delle possibilità che offrono il web e le nuove tecnologie, ma anche per far crescere le “difese immunitarie” degli utilizzatori di fronte ai possibili rischi che un approccio poco consapevole alla rete può comportare.