Perché la crisi è una promessa, non un rimpianto
Quella che per lo studente suona come una condanna, è in realtà una promessa: l’insufficienza di oggi è il limite che custodisce ciò che domani riconoscerai come essenziale. E certo non passi una buona estate, ma impari anche il valore relativo della vacanza, che non è mai fuga, ma ricarica in vista del vero impegno.
Mi piace leggere così l’impegno di “apostolato digitale” che tutti ci ha coinvolti (e ci coinvolge) in questa pandemia: siamo rimandati a settembre, qualunque data concretamente localizzi nel tempo futuro questo agognato “settembre di normalità”. E, da rimandato, cerco di cogliere alcuni aspetti su cui lavorare, perché la crisi possa essere davvero un’opportunità.
Insufficiente. Anzitutto come presa di coscienza di ciò che avevamo ed eravamo, perché, inutile nasconderlo, ci siamo sentiti così tanto depauperati dalla privazione dei nostri mezzi ordinari di evangelizzazione, da ridurci a mutismo. Insufficienti i mezzi su cui contavamo, se la loro assenza ha significato l’assenza della Parola nelle nostre comunità! Ma insufficiente è anche la valutazione leale dei nuovi strumenti di apostolato, preziosissimi, ma non esaustivi: l’investimento nel digitale è come l’investimento nelle strutture di collegamento che vanno ottimizzate, certo, ma devono portare da qualche parte. Insomma, insufficienti sono gli strumenti, vecchi o nuovi: la Chiesa non è le sue strade!
Essenziale. Penso che il centro della questione stia qui, perché ogni crisi, per essere superata, ha bisogno di mete adeguate: perché andare avanti? L’alternativa è un apostolato digitale vissuto come pausa da sopportare, in vista di un ritorno a ciò che c’era prima. Inutile sottolineare come questo sarebbe il vero fallimento della Chiesa ai tempi del COVID. Nei tortuosi sentieri del Popolo di Dio si riconosce sempre un metodo conduttivo da parte dello Spirito: togliere per riscoprire. Che cosa è essenziale alla vita di Fede? L’incontro con Cristo. E come si vive l’incontro con Cristo? Attraverso l’incontro testimoniale con me, con te, con la Chiesa. La persona di Cristo, la persona del discepolo, la persona della Sposa: una persona abilissima nel chiamare, nell’invitare, ma, soprattutto, unica nell’accogliere. I nostri strumenti sono “mondani”, perché per essere comunicativi non potrebbero essere altrimenti. Quindi benvenuti, accanto a Bibbia, catechismo, cortili e aule, a FaceBook, Instagram, TikTok, Zoome tutto il resto. Ma perché ciò che è “mondano” sia “nel mondo” e non “del mondo” bisogna vigilare su ciò a cui conduce. I nostri inviti non saranno mai eleganti come quelli di una prevendita esclusiva, i nostri eventi non saranno mai spumeggianti come quelli delle stories dei VIP e i nostri balletti non saranno mai sexy come quelli degli azionisti di follower. Ma non ci interessa. Ci impegneremo per migliorare, ma per noi è essenziale che quell’invito sia firmato da un fratello, che quell’evento sia festa di famiglia e che quel balletto sia un passo a due da fare insieme, seppur impacciati. Interessati a tutto, ma esperti di accoglienza; professionali nell’invitare, ma imbattibili nell’incontrare.
Vacanza. Forse questo è il vero toccasana che la Provvidenza ha donato in mezzo alla crisi. Sì, perché anche noi avevamo bisogno di vacanza, di un tempo in cui goderci quel che siamo, senza l’ansia di programmare ciò che faremo. Siamo prigionieri della vacanza: Deo gratias! «Quant’è bella giovinezza,/che si fugge tuttavia!/chi vuol esser lieto, sia:/di doman non c’è certezza», direbbe Lorenzo il Magnifico. Troppo leggero come programma pastorale? Non credo, anzi, a piccole dosi, diciamo nel tempo che passa tra gli impegni estivi e la ripresa settembrina, questa vacanza potrebbe essere addirittura prescritta ogni anno (a onor del vero, San Carlo Borromeo la raccomandava a tutti i preti).
Allora buona vacanza, vissuta in comunione,custoditi dalla promessa di un domani che, già sorto, cresce di giorno in giorno!
don Carlo Pizzocaro