Colmare il gap digitale tra le generazioni viene solitamente visto come la necessità di educare all’uso delle tecnologie i più anziani, istruendoli a navigare sul web e ad armeggiare con le App. Qui, invece, vorrei riflettere sull’importanza dello scambio di esperienze tra le generazioni anche nell’altro verso: quali importanti valori elaborati nella vita analogica possono essere insegnati ai nativi digitali per mantenere al centro la persona umana? Ho avuto la fortuna di cominciare a lavorare con i computer quando c’erano ancora le schede perforate e negli anni Settanta ho discusso una tesi di laurea in Intelligenza Artificiale all’Università di Torino, impiegando il bagaglio culturale che avevo immagazzinato sui libri del liceo. Oggi, guardando i miei nipoti confondere Amazon con Babbo Natale, mi rendo conto di aver attraversato due epoche e due stili educativi completamente diversi, così sento la responsabilità di creare un ponte tra le generazioni, senza buttare via i valori importanti che vanno conservati al di là del progresso tecnologico.
Proverò dunque a tracciare alcuni principi di educazione analogica che ritengo sempre validi anche per i giovani nati e cresciuti in tempi dominati dall’informatica. Pensare prima di fare Quando si compiono azioni nel mondo reale, ci vuole fatica fisica e bisogna stare sempre attenti perché gli errori non si recuperano facilmente. Pensiamo, ad esempio, a com’era il processo di stesura di un testo con carta e matita rispetto a quello con i programmi di videoscrittura. Senza negare i vantaggi pratici derivanti dalla scrittura con il computer, ci sono abitudini da trasmettere ai giovani che maneggiano compulsivamente i bit: organizzare i contenuti prima di crearli, progettare le azioni, pianificare il cammino prima di partire. Selezionare per ricordare L’informatica pervade le nostre vite e fa sì che, volontariamente o meno, si lascino ovunque tracce digitali. Tuttavia, la vita digitale non può diventare una copia integrale di quella analogica, né si possono costruire ricordi senza selezionare i dati rilevanti eliminando quelli trascurabili. Solo imparando a buttare via l’inutile si può dare davvero evidenza alle cose importanti. Se l’abbondanza digitale non viene seguita da un processo di selezione che spinga ad eliminare il superfluo mantenendo solo ciò che è davvero importante, è impossibile costruirsi un’identità fatta di ricordi. Usare tutti i muscoli La comunicazione digitale è utilissima ma non può sostituire la vita reale.
I contatti resi possibili dall’informatica vanno benissimo per integrare e surrogare le relazioni, ma non equivalgono a stare insieme davvero. Pensando in particolare al lavoro, la modalità online è comoda in certe circostanze, generalmente quando si tratta di portare avanti lavori di routine, ma non può sostituire il lavoro in presenza. Infatti, nei rapporti a distanza mancano i segnali e gli stimoli che sono alla base delle relazioni umane e della creatività. Incontrare il diverso I social media, principalmente per motivi commerciali, avvicinano persone con gli stessi gusti ed opinioni, spingendo così la creazione di «bolle» che, se restano l’unica via di relazioni umane, portano alla radicalizzazione del pensiero. Infatti, sui social si incrociano persone fisicamente lontane, ma culturalmente molto vicine. Nella vita reale, invece, si incontrano persone diverse per cultura o appartenenza sociale, magari anche persone antipatiche, con le quali si impara l’arte della tolleranza.
Solo l’esperienza reale, dunque, permette di sperimentare le differenze ed abituarsi ad interagire gestendo anche sentimenti di fastidio o di rabbia. Riassumendo, gli strumenti informatici sono un mezzo utilissimo per informarsi, per comunicare e per produrre, ma non sono un fine né possiamo permettere che compromettano i valori fondanti della nostra umanità. Come generazione adulta abbiamo una grande responsabilità nel trasmettere questi principi ai nativi digitali.
Giovanna GIORDANO informatica, titolare Escamotages, co-fondatrice Sloweb