Il 3 ottobre scorso è stata emanata la terza enciclica del Pontefice argentino Francesco sulla fraternità e l’amicizia sociale “Fratelli tutti”, dopo “Evangelii Gaudium” e “Laudato si’”. L’epistola è, per sua definizione, una lettera apostolica indirizzata dal papa ai vescovi di tutto il mondo o a quelli di una sola regione, ma in questo caso il Papa, al punto 5, chiarisce subito che “Pur avendola scritta a partire dalle mie convinzioni cristiane, che mi animano e mi nutrono, ho cercato di farlo in modo che la riflessione si apra al dialogo con tutte le persone di buona volontà”.
Una lettera, dunque, aperta a tutti. A tutta l’umanità. Perché i temi trattati non esimono nessuno. Anzi toccano da vicino – e in modo molto forte – chiunque. Quello su cui il Papa, fin da subito sembra puntare, è la reazione del lettore, il suo cambiamento, la sua scelta più intima, il suo prendere coscienza degli allarmi sociali lanciati. Con coraggio.
Il tema della comunicazione, del digitale, dell’uso delle tecnologie viene subito anticipato, a partire dal punto 7. Papa Francesco lega fin dalle prime parole il concetto di iper-connessione all’uomo, evidenziando il paradosso tra la crescita potenziale di relazioni attraverso l’uso dei device e la conseguente fragilità dei rapporti umani: “Proprio mentre stavo scrivendo questa lettera, ha fatto irruzione in maniera inattesa la pandemia del Covid-19, che ha messo in luce le nostre false sicurezze. Al di là delle varie risposte che hanno dato i diversi Paesi, è apparsa evidente l’incapacità di agire insieme. Malgrado si sia iper-connessi, si è verificata una frammentazione che ha reso più difficile risolvere i problemi che ci toccano tutti”. Una dicotomia evidente, resa ancora più aspra dai cambiamenti che l’emergenza sanitaria sta imponendo a tutto il mondo.
Quello che il Pontefice sembra, infatti, voler mettere in luce è la contraddizione tra il concetto di globalizzazione e quello di fratellanza e di umanità, ponendo l’accento sul rispetto della persona, sulla dignità dell’uomo e della donna e sul tema ancora più profondo di integrità.
Anche per questo al punto 32 si ricollega al soggetto delle maschere che spesso vengono indossate per nascondersi o sembrare diversi, soprattutto sui social: “Una tragedia globale come la pandemia del Covid-19 ha effettivamente suscitato per un certo tempo la consapevolezza di essere una comunità mondiale che naviga sulla stessa barca, dove il male di uno va a danno di tutti […]. Con la tempesta, è caduto il trucco di quegli stereotipi con cui mascheravamo i nostri “ego” sempre preoccupati della propria immagine; ed è rimasta scoperta, ancora una volta, quella (benedetta) appartenenza comune alla quale non possiamo sottrarci: l’appartenenza come fratelli»”.
In questo passaggio viene richiamata alla mente l’immagine dello specchio, d’idea di incensarsi con i propri pensieri e le proprie convinzioni, in una sorta di contemplazione mistica e allo stesso tempo follemente narcisistica. Da qui il titolo del capitolo “L’illusione della comunicazione” (dal punto 42 al 50): i temi toccati sono di strettissima attualità e la lettura è sia sociologica che psicologica. Si va dai movimenti digitali di odio e distruzione alla piaga delle fake news, ma si arriva sempre all’individuo e alle sue scelte di vita quotidiane.
Al punto 48 vengono introdotti il tema dell’ascolto, dell’accoglienza dell’altro, del prestare attenzione e del prendersi cura di chi si ha di fronte. Le parole scelte sono di nuovo umane, profondamente terrene: “A volte la velocità del mondo moderno, la frenesia ci impedisce di ascoltare bene quello che dice l’altra persona. E quando è a metà del suo discorso, già la interrompiamo e vogliamo risponderle mentre ancora non ha finito di parlare. Non bisogna perdere la capacità di ascolto”. Al punto successivo si fa un altro passo nella direzione dell’educazione e dell’invito al dialogo: “Venendo meno il silenzio e l’ascolto, e trasformando tutto in battute e messaggi rapidi e impazienti, si mette in pericolo la struttura basilare di una saggia comunicazione umana”. Insomma, Papa Francesco richiama a un dialogo partecipato, non distratto, ma empatico. E dà valore anche al silenzio, forma nobile di comunicazione. Con quali obiettivi? La verità e la libertà, questa volta reali.
Annalisa D’ERRICO