Tra le tante trasformazioni della nostra epoca, la più significativa e incisiva per la crescita di bambini e degli adolescenti, rimane indubbiamente la profonda rivoluzione dei processi comunicativi e la radicale trasformazione delle relazioni tra le persone mediate dalle tecnologie.
Crescere immersi nel digitale e nella tecnologia significa essere al centro di sollecitazioni e imput continui con una importante stimolazione dei sistemi neuronali. La componente del sistema nervoso delegata al controllo delle emozioni è il sistema limbico che, da un punto di vista filogenetico, è la prima parte del cervello che si è sviluppata nei mammiferi, mentre solo successivamente si è costituita la neocorteccia che tutt’oggi è l’area cerebrale incaricata dei processi di pensiero. Essa include i centri che completano e comprendono quanto viene percepito dai sensi, associa ai sentimenti ciò che si pensa di essi ed è in grado di progettare proposte a lungo termine e di escogitare strategie cognitive. La corteccia cerebrale è in grado di elaborare e ricollegare una ingente quantità di stimoli derivanti dall’interno e dall’esterno del corpo, colmando di valore semantico l’essenza soggettiva e permettendo la comprensione della propria esistenza.
Ciò che sta emergendo è che la pregnanza delle tecnologie digitali nella vita di bambini e di adolescenti, non sta cambiando soltanto il modo in cui comunicano, ma sta anche modificando i cervelli rapidamente e profondamente. L’uso costante di computer, smartphone, lettori di realtà aumentata ed altri dispositivi simili, stimola un’alterazione delle cellule cerebrali e produce un rilascio di neurotrasmettitori che gradualmente rafforzano nuovi tracciati neurali nel cervello, mentre indeboliscono quelli già esistenti, consapevolezza che sollecita a rileggere i processi di comprensione in base al nuovo scenario tecnologico in cui le nuove generazioni si trovano a vivere.
Il cervello è un sistema di apprendimento e come tale è in grado di modificare le sue capacità di completamento delle aree addette a sviluppare memoria e mette in funzione delle opportunità di comunicazione e di interazione con l’ambiente che si modificano in base a nuovi stimoli e a nuove necessità. La plasmabilità e la duttilità cerebrale organizzano le informazioni in base e a seconda delle modalità comunicative dell’ambiente esterno, da cui sono sollecitate e con le quali si interconnettono e interagiscono. Lo sviluppo scientifico e tecnologico del mondo contemporaneo creano informazioni e stimoli continui, i quali operano a livello neurologico e sensoriale e costringono la fisiologia cerebrale a compiere un accomodamento alla rapidità dei flussi di informazione, modificando i processi cognitivi. Questioni che non possono essere eluse da chi si occupa di processi educativi e didattici per le conseguenze che questo tipo di trasformazioni stano portando al soggetto nella fase di sviluppo. Se si pensa che, le reti neurali e le connessioni sinaptiche, trasmettono le informazioni dal cervello ai centri motori collegati con i muscoli e consentendo il movimento di questi ultimi, dando vita al comportamento, è intuitivo comprendere che, forse, lo sviluppo esponenziale del numero di bambini definiti iper-attivi nella scuola di oggi è solo dovuto ai processi di cambiamento in atto che vengono sottovalutati o elusi.
Il rischio che si sta correndo nel campo dell’educazione è di non comprendere il mutamento in atto nella società, rimanendo ancorati a riferimenti e concezioni anacronistiche, proponendo processi di conoscenza e di apprendimento arretrati cognitivamente e metodologicamente rispetto allo sviluppo scientifico e tecnologico, che ci richiede, invece, un nuovo modo di formare le menti e di organizzare i saperi. Abbiamo bisogno di accogliere con serenità e consapevolezza il cambiamento in corso, per essere in grado di generare processi formativi sia in ambito formale che non formale e informale, capaci di significatività, pena la deriva del soggetto verso orizzonti tecnici, deprivati di logos e, allo stesso tempo, probabilmente anche di pathos e ethos.
Maria Rita MANCANIELLO – Università degli Studi di Firenze