Le Big Tech consumano in termini energetici più di Portogallo e Grecia. Se Internet fosse una nazione sarebbe la quarta più inquinante al mondo. Possiamo davvero permetterci tutti uno stato dell’arte di questo tipo?
Una recente ricerca ha messo in numeri quanto in effetti potevamo suppore e conoscere attraverso il senso comune. Ma i numeri hanno il potere di lasciare poco spazio alle speculazioni. Le Big Tech, le cosiddette ‘Faang’ consumano in termini energetici più di Portogallo e Grecia. L’osservatorio Esg Karma Metrix comunica che in un anno Facebook, Amazon, Apple, Netflix e Google, hanno consumato una quantità di energia, pari a 49,7 milioni di megawattora (MWh), più elevata del Portogallo (48,4 milioni MWh) e della Grecia (46,2 milioni MWh), testa a testa con la Romania (50 milioni MWh). Il dato storico ci dice che dal 2018 al 2020 il consumo di energia dei cinque colossi è quasi triplicato, passando da 16,6 a 49,7 milioni MWh. Sempre di queste ore è la presa di posizione dell’Unione Europea che ha messo al bando le auto a motore endotermico a favore dei motori elettrici con conseguenze su molte economie molto significative. Le ragioni, lo sappiamo, sono legate all’inquinamento ed alla sostenibilità ambientale del pianeta.
Se torniamo al digitale ed Internet fosse una nazione – secondo il Global Carbon Project – sarebbe la quarta più inquinante al mondo. Questi numeri ci possono aiutare a fare una riflessione ulteriore rispetto al nostro uso e talora abuso dei mezzi digitali. Le Big Tech, come ha ben tentato di spiegare l’economista Shoshana Zuboff nel suo ormai classico Il capitalismo della sorveglianza vivono vendendo non tanto pubblicità in sé e per sé, quanto piuttosto una sorta di nuovo prodotto predittivo, i future sui nostri comportamenti di spesa. Tale vendita è davvero piuttosto redditizia se analizziamo la capitalizzazione in borsa dei suddetti colossi e la loro capacità finanziaria. Tutto questo potere, computazionale e finanziario, si risolve in un contesto mondiale in cui tali monopoli rappresentano anche dal punto di vista democratico, posizione mai viste prima nella storia, posizione che alcuni hanno definito di neo feudalesimo. Questo scenario è bilanciato da quanto viene offerto al pubblico, al resto del mondo in termini di servizi gratuiti che sempre più fanno parte del nostro quotidiano vivere: l’email, i social media, i servizi di messaggistica e quanto altro da tutti ben conosciuto. Ed usato, o talora abusato. Alla luce dei risultati relativi ai consumi che riporto in epigrafe, sulla bilancia del rapporto costi benefici, credo sia necessario inserire anche l’impronta ecologica del sistema. Se per molti ricevere pubblicità mirata non rappresenta un problema, ma un vantaggio, se per altri essere accompagnati da algoritmi che di fatto formano il nostro pensiero un alleggerimento del male di vivere, per dirla alla Pavese, nondimeno la questione ecologica non incide sulle scelte e le vite solo dei singoli, ma sull’esistenza di tutti, anche o soprattutto di coloro che non hanno scelte, che non hanno scelta e che non scelgono di fatto mai. Mi pare che questo ultimo aspetto, sommato agli altri, ci debba finalmente portare ad alcune riflessioni su di un modello ed attori di mercato che tale non è più possibile neppure chiamare, visto e considerato che nessuno oggi può anche solo minimamente immaginare di scalfire tali monopoli muovendo il mercato.
Possiamo davvero permetterci tutti uno stato dell’arte di questo tipo? Possiamo immaginare un mondo differente dove si paghi anche poco, ma tutti, per alcuni servizi su cui democraticamente avere un maggiore controllo? Possiamo pensare che pagando, poco, alcuni servizi, ci si possa così educare ad usarli meglio, non tanto per passare il tempo e, così facendo, in parte salvaguardare il creato risparmiando delle risorse che, sappiamo, sono sempre più preziose e rare?
Immagino che questo articolo non cambierà in alcun modo gli equilibri geofinanziari del mondo digitale, ma se piano piano tutti coloro che ritengono che questi argomenti possano essere interessanti cominciassero a condividere pensiero, educazione, formazione e si cominciasse a porre una critica un po’ più serrata ad un modello di vita e di gestione della vita che ci siamo ritrovati in casa senza troppo sceglierlo, forse qualcosina cambierebbe. Personalmente penso con risvolti anche più significativi dell’adozione dell’auto elettrica rispetto a quello a motore endotermico.