La Rivoluzione Digitale e l’introduzione dei nuovi media hanno creato nuove opportunità di “con-tatto”.
Grazie ai Social Network, ad esempio, si superano tutti quei vincoli di in-disponibilità spazio/temporale degli interlocutori, generando un contesto virtuale, in cui la relazionalità è mediata. Tale mediazione modula le interazioni, partendo dal presupposto che alla base della relazione mediata ci sia fiducia nell’identità dell’interlocutore presente dall’altro lato dei dispositivi.
Con la nascita del Web 2.0, persino il concetto di fiducia ha subito una ri-significazione. Dal principio, il termine ‘fiducia’ deriva dalla parola latina ‘fides’ che ha generato usi differenti che sottendono valori sociali come ‘fede’, ‘fiducia’, ‘fedeltà’ e ‘credito’. In tutte queste sfumature di significato, bisogna tener conto che la fiducia, intesa come “l’aver fede nella trasparenza delle intenzioni altrui” è messa in discussione nelle interazioni mediate, soprattutto con la nascita di alcuni fenomeni, come il trolling, che trasformano la relazione di fiducia da relazione a meta- relazione. Si parla di meta-relazione, in quanto si fa riferimento alla multidimensionalità del suo instaurarsi e l’uomo “fluido” contemporaneo modifica non solo la percezione di ciò che vive, ma anche l’essenza stessa dell’esperienza, ovvero il “chi è”. La sua identità, pertanto, risulta un’identità ri-scritta per mezzo dei dispositivi tecnologici. Ridefinire la propria identità in un contesto digitale è, per molti versi, vantaggioso perché consente di prendersi del tempo per ripensarsi e scegliere delle rappresentazione di sé più adatti alla volontà di essere costantemente visibile. Tutto ciò si amplifica in un ambiente virtuale, nel momento in cui si crea un’identità non reale con l’intento di agire in modo provocatorio nei confronti del prossimo.
Si assiste al fenomeno del ‘trolling’: ovvero persone che cercano deliberatamente di creare discussioni o seminare discordia con commenti negativi, insulti o provocazioni, cercando di allungare i tempi di discussione. Infatti, “agire come un troll è un gioco di false identità, compiuto senza il consenso degli altri partecipanti”. Il troll cerca di farsi accettare come legittimo utente e interviene fin quando gli altri partecipanti non riconoscono la falsa identità o fino a quando diminuisce il divertimento che il troll prova nell’agire in maniera provocatoria. Quando, però, il troll utilizza una comunicazione ostile, come insulti relativi il carattere, la competenza professionale o l’aspetto fisico di una persona, la reazione più naturale è quella di rispondere allo stesso modo; oppure quella di rispondere con una certa dose di aggressività, proporzionale all’offesa, man mano che “lo scontro” si acuisce, le persone utilizzano espressioni sempre più offensive. Anche chi tenta di placare la discussione dall’esterno ne rimane, tuttavia, coinvolto purimpiegando spesso l’ironia. A livello individuale il fenomeno del trolling comporta la scissione tra identità reale e identità virtuale; agendo nell’anonimato l’identità virtuale può mettere in atto comportamenti anche non socialmente accettabili, come modalità comunicative ostili. Il lato “dark” del trolling può avere effetti negativi soprattutto nei pre-adolescenti e adolescenti, con la generazione di fenomeni abbastanza conosciuti, come il cyberbullismo.
Ma cosa succede quando queste modalità comunicative non bastano come protezione? E, soprattutto, il trolling è sempre un gioco negativo di false identità? Secondo Carlo Brunelli, in arte Tranelli, troll “buono” di professione, la cui particolarità è quella di essere forse l’unico in Italia a trollare seguendo metodi rigorosamente scientifici: quanto sarebbe noioso il web senza i troll. Rete, però, sempre secondo Tranelli/Brunelli, è popolata anche da troll buoni, il cui unico scopo è l’intrattenimento, attraverso l’umorismo. Se si dovesse pensare ad una figura che rappresentasse i troll, sarebbe quella del Joker e, proprio come il Joker, i troll agiscono come agenti del caos in Rete, sfruttando le “hot-buttonissues”, ovvero delle risposte rapide con l’intento di infastidire. Questo è il motivo per cui i novizi utenti di Internet e dei Social cadono nella trappola del troll, essendo vittime di un gioco di fede, in cui vengono regolarmente ammoniti con il: “Non dare da mangiare ai troll!”.
Isabella QUATERA e Concetta PAPAPICCO- Università di Bari