È già da questa primavera che i principali enti governativi cinesi e le aziende a partecipazione statale hanno iniziato il processo di sostituzione di circa 50 milioni di computer di produzione estera con equivalenti di produzione nazionale.
È previsto, secondo il “piano di innovazione delle tecnologie informatiche”, o Xinchuang, avviato nel 2016 sotto la supervisione del “Comitato di lavoro per l’innovazione delle applicazioni delle tecnologie dell’informazione”, che l’azione venga estesa a tutti gli enti statali. La scelta di sostituire i computer da parte della Cina mira a ridurre la dipendenza da potenze rivali come gli Stati Uniti, oltre ad essere sintomo della crescente attenzione del governo cinese nei confronti della sicurezza informatica con conseguente segnale di fiducia verso le proprie aziende.
Il piano Xinchuang prevede lo sviluppo e la produzione nel mercato delle apparecchiature e applicazioni in contrasto alle aziende estere rivali, per la riduzione dei dazi e delle messe al bando dei prodotti cinesi. Da oltre un decennio gli sforzi del governo cinese mirano alla conquista dell’autonomia per il mercato interno dell’informatica, in forte espansione e capace di produrre un flusso di denaro in crescita costante che attualmente si attesta a 25 milioni di dollari l’anno.
Il progetto si articola su più fronti: la presenza di aziende di estrazione cinesi negli stati ricchi di materie prime necessarie alla costruzione degli hardware, il rafforzamento delle aziende cinesi, l’uso di dazi e messe al bando a danno delle rivali estere e la progressiva verticalizzazione della produzione all’interno del Paese. Un ulteriore obiettivo e motivo di tensione con gli Stati Uniti è Taiwan: l’isola, minacciata di annessione dalla Cina e protetta dagli statunitensi, ospita la TSMC, azienda che produce il 54% della produzione mondiale dei semiconduttori per microchip, essenziali alla produzione di hardware. Il piano Xinchuang per portare la Cina verso l’indipendenza ed autonomia tecnologica avrà probabilmente in futuro conseguenze sul mercato globale ancora maggiori di quelle che già si stanno sperimentando.
Emanuele DENTIS