Riprendiamo dopo la pausa estiva il nostro settimanale appuntamento con la riflessione e le notizie sulla condizione digitale nell’auspicio che i nostri lettori abbiano avuto del tempo per stare con i loro cari, magari nella natura e, soprattutto, con un buon periodo di disintossicazione digitale.
All’inizio di un nuovo anno sociale si è soliti fare, per quanto possibile, delle programmazioni, anche in ambito editoriale. La metamorfosi digitale sconvolge i piani a tal punto che fare dei piani pare quasi impossibile. La sensazione di chi si occupa di questi temi è un perenne inseguimento ove spesso la realtà sopravanza la fantasia e le questioni sono di tale complessità che per essere comprese richiedono molto più tempo di quello che in effetti ci è permesso avere.
Vorremmo qui ripartire da un punto fermo che il nostro arcivescovo ha sottolineato con forza durante l’omelia per la solennità di S. Giovanni Battista. Ha detto mons. Repole, dopo aver sottolineato a quali povertà può condurre una cultura esclusivamente tecnica: “C’è bisogno che noi riprendiamo fiducia, parresia, nel dire che Cristo può essere colui che dà senso alle nostre vite e che dà senso e identità anche alle nostre città, ai nostri paesi. Se lo facciamo, io credo che si potrà catturare l’attenzione di tutte le donne e gli uomini di buona volontà, di tutti quelli che vogliono bene a questa città e che già si stanno impegnando tantissimo per il bene di questa città, affinché si riscopra la necessità di una cultura che non sia soltanto una cultura che tende a disintegrare quello che c’è, ma di una cultura costruttiva perché dà prospettive di verità, di trascendenza e di senso”.
Il nostro impegno editoriale dunque sarà quello in questo anno che trascorreremo insieme nel continuare a costruire una cultura condivisa e condivisibile ove la tecnologia, soprattutto quella digitale, sia posta al servizio della ricerca della verità, della trascendenza e del senso. La tecnica è una espressione dell’umano e come tale può essere indirizzata e governata affinché sostenga quel desiderio umano degno di essere chiamato tale. Questo non avviene e mai avverrà se come conseguenza di una precisa scelta di campo che pone come fine dell’azione l’essere umano e la sua dignità, l’interezza dell’umano e dell’ambiente in cui si vive.
Alcuni commentatori sostengono che la cultura giudeo cristiana sia troppo tesa a visioni apocalittiche e millenariste, di fatto contrarie alla tecnologia ed al progresso in perenne ansia di un prossimo armageddon non più nucleare, ma determinato dall’intelligenza artificiale. Il nostro compito sarà dunque anche quello di mostrare e forse dimostrare che la fede in Cristo non ci porta lontani dal villaggio umano ma, al contrario ci fa compagni di viaggio attenti e rispettosi, nella convinzione che sì una apocalisse già è avvenuta ma che consiste nel disvelamento all’umano del suo destino ultimo, della sua dignità incomparabile, della sua bellezza e vocazioni divine. Un orizzonte per nulla minaccioso da cui è possibile costruire una speranza affidabile che si riverberi nel nostro presente e nelle scelte complesse che la nostra generazione deve fare rispetto a temi inediti ed affascinanti.
In questo viaggio chiederemo aiuto a uomini e donne di buona volontà, credenti e non, esperti di questi temi, accademici, operatori digitali, imprenditori e studiosi che, come negli anni passati, ci aiutino a pensare e discernere, andare oltre le narrazioni correnti ed approfondire per quanto possibile il vero del mondo che ci circonda. Tutto, come sempre, non senza i nostri lettori senza i quali queste parole risuonano nel vuoto e, soprattutto, non possono creare una cultura condivisa capace di governare questo tempo radicandolo nei valori umani che umani ci rendono e custodiscono. Buon anno dunque, digitali, analogici ma soprattutto amati.
L’equipe per l’Apostolato Digitale