Scrivo queste righe sul balcone di casa.
Oggi è una bella giornata di sole e la primavera invade gli occhi col suo verde sgargiante. Mi sono seduta fra i vasi delle piantine curate amorevolmente da papà. Per loro questa stagione rappresenta l’esplosione della vita e pare proprio che vogliano manifestarlo a chi le guarda, con tutta la loro forza. Frequento l’Università: prima dello scoppio di questa epidemia stavo per terminare gli esami ed ero all’inizio dei lavori per la tesi finale. Ho dovuto sospendere le attività di laboratorio e questo ha significato l’inevitabile interruzione del percorso di ricerca. Inizialmente questa situazione ha generato in me tristezza e impotenza: non è mai piacevole quando i nostri progetti, così minuziosamente sognati, desiderati e programmati, vengono stravolti per motivi che sfuggono al nostro controllo.
Tuttavia, ho avvertito chiaramente la voglia di rendere questo momento insolito qualcosa di costruttivo. Non voglio considerare questo periodo come una parentesi: non voglio che sia non vita, in attesa del ritorno. Ho iniziato a programmare il mio tempo giorno per giorno: mi alzo presto, studio argomenti che non avrei mai avuto il tempo per approfondire trascinata dalla routine abituale, disegno e leggo molto più del solito, faccio esercizio fisico per mantenermi in salute e di buon umore. Così, spesso accade addirittura che arrivi a sera senza aver completato tutto ciò che avrei voluto. Non è sempre facile mantenere uno sguardo positivo: la preoccupazione e la consapevolezza della malattia, della sofferenza e della morte di molte persone, alcune conosciute, sono mantenute vive ogni giorno. Penso però che ognuno sia chiamato, nel suo piccolo, a svolgere un compito in questo frangente. Avverto che il mio è impegnarmi a fondo in quello in cui sono capace, migliorandomi, e mantenere viva (e trasmettere!) quella scintilla di speranza, positività e gioia che, in fondo, non si può non avere quando ci si affida. Mi manca molto la fisicità degli affetti, delle amicizie, ma cerco di viverli comunque per ciò che è possibile tramite i mezzi di comunicazione: è vero che non possiamo mettere in comune i nostri spazi, per il momento, ma questo non toglie la voglia di condividerci, di creare qualcosa di nostro. Ecco quindi che inventiamo sempre nuovi modi per chiacchierare e giocare fra noi anche a distanza, ciascuno a casa sua, senza soffermarci troppo a pensare a ciò che non abbiamo, ma aguzzando la nostra creatività. In fin dei conti, è un periodo non meno ricco di altri, sotto diversi punti di vista.
Maria Chiara MAGNANO
studentessa Università degli Studi di Torino
Qui il pezzo originale e gli altri contributi