Con la locuzione “smart contract” ci si riferisce a quell’insieme di software che consentono l’esecuzione automatica delle clausole di un contratto. La formula “smart contract” riguarda quell’insieme di soluzioni tecnologiche basate sull’interazione uomo-macchina finalizzate a velocizzare, semplificare o sostituire le fasi del rapporto contrattuale. Queste tecnologie assicurerebbero diminuzione dei costi di intermediazione e maggiore velocità e sicurezza dei traffici, impedendo la duplicazione e le alterazioni, volontarie o involontarie, dei dati informatici rappresentativi di situazioni giuridiche. In tal modo, si dice, lo smart contract renderebbe impossibile un inadempimento contrattuale e, di conseguenza, superfluo il ricorso a (costosi e non sempre efficienti) strumenti giudiziali “tradizionali”.
Si ritiene però utile distinguere due accezioni di “smart contract”, cui corrispondono altrettanti “livelli” di automazione. Ad un primo livello, poco noto alla prassi, si collocano le soluzioni di A.I. mediante le quali viene direttamente creato, modificato o estinto un rapporto giuridico patrimoniale: in tali ipotesi, lo smart contract può essere inteso quale vero e proprio contratto. Ad un secondo “livello”, in rapida diffusione (nei settori assicurativo, bancario e finanziario), il software esegue automaticamente le clausole di un accordo concluso “off-chain”. Ci si intende soffermare proprio su questo genere di smart contract, per illustrare un ambito cui tale software si presta ad essere utilizzato ed i possibili rischi connessi. Qui lo smart contract si presta ad essere utilizzato nell’ambito della “contrattazione di massa”. L’implementazione di uno smart contract comporta infatti l’intervento di un “intermediario tecnico-informatico” i cui costi, oltre ad aggiungersi a quelli di un “intermediario giurista”, vengono meglio ammortizzati grazie alla serialità dei contratti per i quali il software viene sviluppato. Altro motivo di “appetibilità” degli smart contract nell’ambito dei contratti di massa risiede nella suesposta, tendenziale, “inarrestabilità”, a prescindere da eventuali sopravvenienze che potrebbero rendere iniquo e contrario a buona fede. Ne deriva che lo smart contract potrebbe rivelarsi incapace di garantire equità e “giustizia contrattuale” al caso concreto, soprattutto se applicato in contesti, quale quelli dei contratti di massa soprarichiamati, caratterizzati da rilevante asimmetria di informazioni e poteri tra le parti. Vi è, poi, un’ulteriore elemento di cui tenere conto: i cosiddetti “oracoli”, servizi che rendono lo smart contract capace di “comunicare” con il mondo esterno per verificare se l’evento si sia realmente verificato. Il rischio cui si allude è relativo alla possibilità che il ruolo di prestatore del servizio di “oracolo” venga svolto dalla medesima parte “forte” del sinallagma contrattuale, che dispone dei mezzi tecnici ed economici per gestirlo, ovvero da un soggetto che, seppur formalmente terzo rispetto agli ipotetici contraenti, sia sostanzialmente legato alla parte proponente. Alla luce di quanto soprarichiamato, si possono individuare talune linee guida per il legislatore e l’interprete chiamati a confrontarsi con questi problemi. Un’utile “bussola” potrebbe essere costituita dal principio della BCE secondo cui l’azione del regolatore dovrebbe essere retta dal criterio “same business, same risk, same rule” secondo cui l’intervento normativo è giustificato solo se si manifesti sul mercato un’attività nuova che comporti rischi non ancora presidiati dalle norme vigenti.
Ma l’avvento degli smart contract nella contrattazione di massa presenta sia aspetti presidiabili intervenendo su principi e norme vigenti sia elementi di novità che, invece, implicano interventi ad hoc. Inoltre, l’avvento degli smart contract va delineando uno scenario che contempla nuovi attori: tra tutti, gli “intermediari tecnologici” e, in particolare, i provider di “oracoli”. Tale elemento di novità potrebbe rendere necessario un nuovo corpus normativo che corregga eventuali storture derivanti dalle soluzioni autonomamente sviluppate dal mercato, che individui i ruoli degli operatori economici che, a vario titolo, intervengono nelle fattispecie contrattuali in discorso, e che, soprattutto, disegni un preciso regime di obblighi e responsabilità.
Nicolò BRUGIOLO, Università Europea di Roma