L’oblio “cd oncologico” è il diritto a che la società non si ricordi più dei tumori sconfitti dalle persone che ne sono state affette garantendo alle medesime una vita per davvero normale. Così già dalla fine dell’anno scorso 2022 alla Camera sono state presentate un paio di proposte di legge sul tema che, a inizio agosto 2023, sono passate in Senato. Ora, siamo in attesa del via definitivo.
L’obiettivo è duplice: tutelare i diritti delle persone fragili poiché affette, in passato, da malattie oncologiche, e prevenire discriminazioni di sorta limitando, ad esempio, l’accesso ai vari servizi finanziari, bancari e assicurativi garantendo parità di chance anche nelle pratiche di adozione dei minori.
In una civiltà degna di questo nome, le persone guarite devono essere (considerate) come tutti gli altri.
Tuttavia, la necessità di stabilirlo per legge deriva dal fatto che, secondo alcune indagini raccolte e rinvenibili negli atti parlamentari, ancora troppo spesso “…una consistente parte di persone guarite dal tumore sperimentano discriminazioni nell’esercizio dei propri diritti”, come si legge espressamente nei lavori preparatori.
La retrospinta è, ancora una volta, europea in una strategia globale e coordinata nella lotta contro il cancro.
Il monito dell’Unione è tassativo: entro il 2025 tutti gli Stati membri dovranno avere riconosciuto il diritto all’oblio oncologico normandolo in tutti gli aspetti, dall’accesso al lavoro e alla formazione professionale, dalla permanenza al lavoro alla riqualificazione, oltre alla fruizione dei vari servizi.
Non solo, anche l’accesso per gli addetti (sanitari e no, o comunque soggetti qualificati) alla nuova cartella unica socio-sanitaria regionale informatizzata anche in considerazione del programma di follow-up, dovrà avvenire solo con un consenso esplicito e specifico rafforzato dell’interessato.
Il tutto, pensando al DDL (italiano), posto sotto il controllo dell’Autorità Garante per la Privacy, fatta salva la giurisdizione del giudice ordinario in materia di violazione di diritti soggettivi.
In definitiva, come ha recentemente dichiarato uno dei membri dell’Autorità, “…avercela fatta e aver sconfitto un tumore non sia un titolo di demerito, non sia un pregiudizio, non sia un marchio a fuoco che impedisce il ritorno alla normalità, che rende il protagonista di una vicenda di per sé inesorabilmente dolorosa figlio di un Dio minore”, insomma “una battaglia di civiltà giuridica che non si può perdere”. Pensiero pienamente condivisibile.
Chiara PONTI
Perfetto…
Ti suggerisco anche il risvolto psicologico di percepirsi come “guariti” e gli effetti psicosomatici della cosa…
Insomma liberarsi di una etichetta è anche liberarsi del peso psicologico della cosa… e, in fin dei conti, percepirsi come realmente guariti.