Negli anni Twitter si è ritagliato uno spazio importante per due motivi: i caratteri limitati costringono a generare testi brevi ma utili a una comunicazione immediata vicina a quella dei messaggi Sms o WhatsApp e i politici, tra i primi Barack Obama, e giornalisti di tutto il mondo lo hanno scelto come social di riferimento.
Anche se non è il social più diffuso al mondo, Twitter è strategico nel mondo dell’informazione per la gestione delle breaking news e le sue regole di utilizzo più tolleranti rispetto a quelle di Meta (l’azienda che possiede Facebook, Instagram e WhatsApp) permettono la condivisione di contenuti che altrove non possono circolare. Tuttavia, pur a fronte di policy meno stringenti, il 6 gennaio scorso l’azienda americana aveva bannato l’account Twitter personale dell’ex-presidente Donald Trump dopo l’attacco al Congresso, scelta che aveva causato polemiche negli Usa e non solo.
Proprio il dibattito sulla libertà dei contenuti è ritornato in questi giorni con la notizia dell’acquisizione di Twitter per ben 44 miliardi di dollari da parte del multimiliardario e imprenditore statunitense Elon Musk, già Ceo di Tesla e Space X.
Musk ha promesso di rendere Twitter: «…migliore che mai, […] migliorando il prodotto con nuove funzionalità, rendendo aperto l’algoritmo, eliminando i bot e verificando l’identità di tutti gli utenti». Dichiarazione che lascia perplessi i dipendenti dell’azienda, preoccupati di possibili tagli e licenziamenti, e gli operatori nel settore dell’informazione che temono l’imprevedibilità di un imprenditore non nuovo ad azioni spregiudicate e controverse.
Difficile che la nuova proprietà possa cambiare in maniera radicale le policy del social network, tenendo conto dell’ampia legislazione che soprattutto in Europa ha regolamentato il mondo social, ma ciò non elimina definitivamente i dubbi e le preoccupazioni di osservatori e addetti ai lavori su come cambierà una volta formalizzata l’acquisizione.
Alessandro Manno