Riprendiamo la questione dai fondamenti: l’esistenza di Dio e la possibilità di dialogare con Lui. Ecco che rischi si corrono con l’Intelligenza artificiale
«Un ambito particolarmente rilevante che determina il cambiamento epocale è quello degli enormi salti che si stanno verificando nello sviluppo scientifico e nelle innovazioni tecnologiche. Non possiamo ignorare oggi l’avvento della transizione digitale e dell’intelligenza artificiale, con tutte le sue conseguenze. Questo fenomeno ci pone davanti a domande cruciali». Così papa Francesco alla plenaria del Dicastero per la cultura e l’educazione. A Lucerna, nella chiesa cattolica più antica della città, è stato installato un ologramma di Gesù dotato di intelligenza artificiale. I fedeli – per giunta in un confessionale, possono condividere le proprie preoccupazioni ricevendo risposte dal Gesù digitale. Il caso è emblematico perché a proporre il chatbot è una parrocchia cattolica, non una start up.
Riprendiamo la questione dai fondamenti: l’esistenza di Dio e la possibilità di dialogare con Lui. Nella teologia cattolica ciò è reso possibile grazie alla rivelazione divina e al ponte stabilito in Cristo, che rende accessibile questa comunicazione. A partire di qui si introducono due casi. Primo caso: dialogo con un personaggio storico. Qui il problema è prevalentemente epistemologico: una macchina potrebbe interpretare e riprodurre correttamente il suo pensiero? Se la risposta è sì, essa diventerebbe un valido strumento didattico, in grado di fornire informazioni coerenti con l’autore originale. La condizione necessaria per accettare un tale sistema è che esso sia fedele al pensiero del personaggio. Secondo caso: il dialogo con Cristo. Se l’obiettivo è un dialogo informativo, le considerazioni rimangono simili a quelle del primo caso. Tuttavia, se il dialogo ha uno scopo spirituale, ed è difficile che la confusione non ci sia, è un guaio. Qui il dialogo non è solo informativo, ma anche performativo, ossia capace di trasformare interiormente una persona sul piano spirituale. Affinché un dialogo sia performativo, è indispensabile la presenza di un “altro” reale e distinto da sé, una condizione che una macchina non può soddisfare, anche se si accettasse l’illusione che lo faccia.
L’immersione offerta dal sistema – la capacità di farci credere che l’esperienza sia reale – rischia di sostituire le autentiche esperienze spirituali con una simulazione. In questo processo, il vero mediatore, Cristo, viene rimpiazzato dalla macchina, che diventa un medium ingannevole. Questa dinamica richiama gli idoli: un tempo muti, oggi parlano, ma rimangono immagini prive di autenticità e vita. In definitiva, si rischia di perdere il legame autentico con il divino, sostituendolo con una finzione tecnologica. Neil Postman ci aveva ben avvertito di come non esista tecnologia che non sia frutto di un compromesso e che non determini, nel suo uso o nella sua distribuzione, dei compromessi. L’intelligenza artificiale è talmente stupefacente che rischia di farci dimenticare come, essendo una tecnologia, comporta tali compromessi. Maggiore è la meraviglia, minore la nostra propensione a farci domande scottanti. Pensiamo al motore a scoppio e il mondo tossico che esso ha generato. Quali compromessi ci chiede una tecnologia generale, trasformativa, dagli effetti spesso irreversibili? Ed essi valgono la scelta?
Stupefatti da cosa l’intelligenza artificiale fa, ci chiediamo: cosa disfa? L’idolo non libera, crea dipendenza. La sua illusione più grande è farci credere che qualcuno si stia occupando di noi, quando in realtà rimaniamo soli. Delegare anche il senso religioso e la ricerca interiore a una macchina, invece di promuovere in ciascuno la capacità di uscire dal proprio ego per incontrare l’altro o un Altro, non ci rende meno umani? «Chiedo ai centri di ricerca delle nostre Università che si impegnino a studiare l’attuale rivoluzione in corso, facendo luce sui vantaggi e sui pericoli», chiosa il Papa. Mi permetto di aggiungere: a chi ha responsabilità, soprattutto pastorali, di non essere ingenui. Formare oggi fa rima con salvare.
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