RePAIR, il progetto europeo che mira a ricostruire opere d’arte antiche andate distrutte. Ogni scavo archeologico può produrre anche diverse decine di migliaia di frammenti di opere che devono essere analizzati e, per quanto possibile riuniti per ricomporre l’oggetto originale. Il processo è da sempre molto difficoltoso, se non impossibile, a causa dell’ampia superficie delle opere, del numero e delle dimensioni spesso minuscole dei frammenti che dovranno essere riuniti, molte volte mancanti, non coincidenti o confusi tra altri frammenti di opere diverse, e della complessità del processo di ricostruzione.
RePAIR, sigla di Reconstructing the past: Artificial Intelligence and Robotics meet Cultural Heritage, sfrutta l’intelligenza artificiale per scannerizzare tridimensionalmente tramite fotogrammetria, analizzare, catalogare e ricollocare digitalmente nella posizione originale le migliaia di frammenti in cui diversi affreschi antichi provenienti da diversi siti di scavo, per poi, tramite un sistema robotico guidato dalla stessa IA, andare ad operare sui frammenti stessi, ricomponendo l’affresco originale e riducendo al minimo il rischio di danneggiare ulteriormente i reperti.
Il progetto, che fa parte del programma europeo Horizon 2020 e che coinvolge a capo del progetto l’Università Ca’ Foscari Venezia ed il professor Marcello Pelillo, esperto di intelligenza artificiale, oltre ad un consorzio internazionale di università tra Italia, Israele, Germania e Portogallo, è attualmente attivo nel Parco Archeologico di Pompei, in cui sono conservati l’affresco della Casa dei Pittori al lavoro e l’affresco della Schola Armatorarum. Il primo, distrutto durante l’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. ed ulteriormente danneggiato dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale è situato nell’insula dei Casti Amanti e risulta la sfida più complessa per il progetto, in quanto manca un’immagine di riferimento antecedente alla sua distruzione, per quanto riguarda il secondo invece, si tratta di un progetto di più facile attuazione, infatti l’opera crollata nel 2010 e già parzialmente ricostruita.
Emanuele DENTIS