Eredità digitale, istruzioni per l’uso

Il 9 febbraio al Tribunale di Milano il Giudice ha sentenziato in merito alla consegna ai genitori dell’account di un giovane chef morto in un incidente. La domanda era: ha ragione Apple a negare ogni accesso all’account, come da contratto siglato, e in assenza di specifiche volontà lasciate in merito dal ragazzo, o hanno ragione i genitori in lutto? Questi sostenevano di voler foto e ricette scritte dal figlio per usarle in progetti di comunità in sua memoria.

La legge italiana – art. 2 dlgs 101/2018, risposta recente a un problema ora emergente – indica che in casi particolari gli eredi possono disporre dei beni digitali del de cuius, se gli stessi beni non erano già stati altrimenti destinati dallo stesso in vita. Il giudice ha stabilito che questo era il caso; ad Apple è stato ordinato di consegnare le credenziali all’account. 

La risposta non era scontata, riflettiamo: con l’accesso i genitori vedranno tutto ciò che il figlio aveva scritto, tenuto, tra sé e per sé. E se il ragazzo non avesse condiviso le ricette e le ultime fotografie proprio perché non voleva che quelle fossero usate? La lezione: meglio, per noi e nostri cari, esercitare e affermare il nostro diritto all’immagine e alla privacy, lasciare valide indicazioni circa 3 categorie di beni: 

  • Cosa vogliamo che sia da terzi cancellato (oblio): i miei accessi a giochi on line, per esempio, o i miei diari personali e segreti, lettere ricevute destinate solo a me.
  • Cosa vogliamo sia consegnato a amici e colleghi (eredità culturale). Pensiamo alle nostre esperienze di lavoro o di volontariato, alle lezioni da condividere con i più giovani.
  • Cosa vogliamo sia consegnato agli eredi per facilitare loro la presa di possesso di ciò che sarà di loro proprietà: i documenti a casa della zia, la copia del romanzo che abbiamo appena finito di scrivere, la password per certi conti online.

Con l’avvento di criptovalute, giochi, conti bancari e sistemi di pagamento online, rischiamo di perdere somme sempre più importanti. Benvenuti quindi i nuovi servizi web, da scegliere con cura. Secondo il Corriere della Sera del 10 febbraio la soluzione d’avanguardia in Italia è www.eLegacy.app, perché fornisce a un mandatario terzo – un intermediario – il titolo di diritto previsto dalla legge del 2018 (un mandato post – mortem exequendum) e all’utente responsabile un sistema che si aggiorna man mano con la nostra vita online.

Il digitale lascia testimonianza dell’animo umano profonda come mai prima. Ciò che lasciamo in digitale va trattato con grande delicatezza per chi ci ha lasciato e per chi rimane. Nei secoli abbiamo imparato a trovare in intermediari e riti il supporto delicato per certi momenti, qui siamo ancora uomo primitivo che si brucia con il fuoco. 

Come altre volte è accaduto, una possibilità offerta dalla tecnologia viene dapprima sfruttata senza porsi limiti etici. Dopo la morte è giusto frugare e disporre di qualunque intimità generata dall’uso del digitale? Che società è questa dove il si può tecnologico diventa un indiscusso e indiscutibile si può morale? 

Qualche suggerimento, infine, per non scottarsi troppo.

Cosa fare:

  1. Vivere usando il digitale con moderazione, solo per quanto necessario, riducendo il nostro impatto ambientale e il tempo sprecato in futilità
  2. Assicurarsi che i propri eredi sappiano quali beni digitali abbiamo. Includere questa informazione nel testamento, olografo o meno
  3. Scrivere le volontà sui beni digitali. Vogliamo siano conservati o cancellati, in tutto o in parte? Seguire le proposte di servizi web validi e aggiornabili

Cosa NON fare mai:

  1. Scrivere le password da qualche parte, su carta o in digitale, condividerle con moglie o marito
  2. Usare le stesse password per molti account diversi e non cambiarle mai
  3. Usare dispositivi di lavoro per faccende personali: non sono nostri, perderemo molto senza poterlo avere indietro

Pietro JARRE, fondatore di Sloweb e di eLegacy

 

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