La robotica è una frontiera essenziale nello sviluppo di cure di qualità. Medicina e nuove tecnologie si incontrano ancora grazie al supporto fornito dalla realtà virtuale, che diventa uno dei nuovi strumenti di cui la terapia neuro riabilitativa sta sperimentando le potenzialità. «La realtà virtuale è uno strumento sempre più utilizzato per sfruttare la plasticità del cervello» chiarisce Gaetano Tieri, psicologo ricercatore al Santa Lucia Irccs di Roma e Università degli studi Unitelma Sapienza.
L’ultima frontiera nel campo della ricerca si sta spingendo esattamente in questa direzione: la creazione di link neurali tra cervello umano e arti robotici. I dispositivi «Smart» hanno trovato finora applicazione nel recupero funzionale in patologie neurologiche e ortopediche che compromettono il movimento e l’equilibrio. Nel corso del tempo sono nati progetti, come “WiFi-MyoHand”, “RGM5” e “3D-AID”, che puntano su soluzioni tecnologiche innovative e personalizzate per migliorare la vita delle persone. La robotica però si sta evolvendo e specializzando anche nel campo delle protesi della retina. In particolare con la nascita del sistema bionico Gennaris Bionic Vision System, che vedrà breve la sua sperimentazione sull’uomo. Inoltre, gli scienziati sono positivi sul fatti che questo sistema potrà essere di fondamentale aiuto anche implementato nella terapia riabilitativa dei soggetti che presentano alcune condizioni neurologiche non curabili, come ad esempio la paralisi degli arti. Un altro successo nel campo è stato l’ intervento, tenuto al policlinico Gemelli, su un 70enne non vedente al quale è stato installato un microchip che permette al cervello di percepire la realtà in bianco e nero. Questo gioiello high-tech è frutto di oltre un decennio di ricerche grazie a cui il paziente può tornare a «vedere» la luce immediatamente dopo l’impianto e dopo un periodo di riabilitazione.
Michela ACCOTTO