Cara Italia, ti scrivo. È la mia lettera digitale alla mia terra e ad un’Italia che vedo e amo come una sorella. È nata dal bisogno di comunicare ciò che sto provando e quello che sto vivendo. Ci ritroviamo tutti quanti catapultati in un mondo che non conoscevamo e che ci sembra lontano. Dai grandi ai piccoli, senza distinzioni sociali, facendo cadere tutte le maschere che abbiamo indossato fin ora, combattiamo ad armi pari contro questo nemico invisibile. Ognuno cerca di fare la sua parte, chi restando a casa e chi, invece, giorno dopo giorno, torna nella sua trincea per combattere il nemico invisibile. Da un Premier che dichiara con voce tremante la chiusura della nostra Nazione, ad un Papa che da solo davanti ad un mondo nascosto dietro uno schermo impartisce la sua benedizione. Ecco perché ho scritto questa lettera digitale all’Italia, per ricordarci ciò che siamo, ciò che siamo stati e ciò che saremo. Non è una lettera per una città, per un paese o per una regione in particolare, ma è una lettera per l’Italia tutta. Perché oggi, più di ieri, dobbiamo ricordarci che l’Italia è unita da nord a sud e perché come dice Papa Francesco «Nessuno si salva da solo».
Le parole che ho scritto sono le parole di una studentessa qualunque, perché sono sicura che in questo momento, come me ci sono, studenti che in ogni parte d’Italia stanno vivendo la mia stessa condizione. Ho voluto ricordare tutti i miei colleghi universitari, anche loro studenti fuorisede, che hanno scelto di rimanere coscientemente nelle loro città adottive per tutelare le loro famiglie e per evitare che l’epidemia dilagasse. E lo hanno scelto nonostante tutto. È una lettera per sperare, perché ci sarà di nuovo il tempo per uscire, per correre, per ritornare tra i banchi, per andare al mare e per condividere una serata tra amici. È una lettera per sognare un giorno in cui tutti noi ritorneremo a tenderci la mano senza aver paura.
Silvia VICARI, Studentessa Università Cattolica del Sacro Cuore