I sistemi di archiviazione dati digitali, sotto il controllo delle grandi aziende hi-tech statunitensi, sono strabordanti di dati relativi a cittadini e aziende della zona europea che tutt’ora non dispone di un cloud unico indipendente. Alcuni Paesi europei hanno provato a sviluppare server sul territorio, in modo che possano rispondere solo alla giurisdizione comunitaria, ma sebbene la Germania sia riuscita a realizzare la propria rete di sistemi cloud, non sono ancora state applicate politiche coordinate. Questa modalità, che permette l’esternalizzazione dei sistemi di archiviazione, fornisce la possibilità alle grandi imprese americane di avere accesso ai nostri dati, senza doversi sottoporre alla legislazione europea e alla normativa per la protezione della privacy. Anche la Russia, nell’ultimo periodo, si è focalizzata sulla creazione di una rete propria, con la finalità di limitare il rischio di cyberattacchi dall’esterno.
In Italia, vi sarebbe la volontà di creare uno spazio di archiviazione online proprio, ma l’ammontare degli investimenti sembra porre un freno a questo processo. Lo sviluppo di un cloud che contenga le informazioni strategiche nazionali, i dati delle istituzioni e della PA avrebbe un costo difficilmente ammortizzabile e richiederebbe tempi per la realizzazione lunghissimi. Ma risulta appropriato eseguire un calcolo di utilità basato sul fattore economico quando è a rischio la privacy dei cittadini? La discussione rimane aperta, ma ciò che è certo è che la situazione attuale pone l’intero continente europeo in una posizione di dipendenza dalle grandi compagnie che gestiscono i Big Data.
Jasmine MILONE