Mi è capitato recentemente di domandarmi se in un futuro più o meno prossimo le lezioni in aula verranno sostituite da video-lezioni, chiedendomi se tutti gli agi che queste offrono siano davvero all’altezza nel sostituire ciò che il contatto umano può creare. Quando ripenso ai primi giorni di università mi vengono in mente le lezioni di metà settembre, costantemente interrotte dai rombi di tubi spara-coriandoli e cori dei neolaureati. Affacciandosi dalle finestre del campus si potevano scorgere sciami di amici e parenti nel cortile; mi ricordo di essermi trovata sovente a desiderare che quel
giorno arrivasse anche per me.
Ho sempre considerato la cerimonia della laurea come una sorta di rito di passaggio che definisce la fine del percorso da studente e l’inizio di una carriera lavorativa. Ma quest’anno, invece di essere in sala lauree a discutere davanti ad una commissione di professori mi sono laureata in videochiamata in camera mia, con i genitori seminascosti dalla webcam. L’ansia da prestazione ha lasciato il posto al timore per la connessione instabile del Wi-Fi e invece dei cori post-proclamazione si è chiesto ai vicini di casa di essere il più silenziosi possibili durante quel pomeriggio. Lo sconforto iniziale era frutto del pensiero che una laurea in modalità telematica acquisisse meno valore rispetto ad una laurea svolta in condizioni normali; il tutto enfatizzato da una sensazione di inadeguatezza per essere privilegiata al punto tale da potermi laureare quando tutto il mondo si è fermato.
Ho registrato e condiviso quel momento con amici e parenti, ma nessuna macchina fotografica è riuscita a catturare le emozioni che ho provato quel giorno: la gioia della proclamazione, ma anche l’oppressione nel sapere di essere in una situazione anomala. Mi sono laureata in un periodo in cui essere felici sembrava fuori luogo e inopportuno, in cui le uniche relazioni concesse passavano attraverso la rete del Wi-Fi. Sono consapevole della fortuna di vivere in un’epoca in cui la quotidianità possa continuare anche in remoto, ma sono altrettanto cosciente del fatto che nessuna videochiamata possa sostituire la soddisfazione di condividere la cerimonia di laurea con amici e parenti, di poter stringere la mano al presidente della commissione e finire quel percorso proprio dove è iniziato. Perciò spero di no, spero che le video-lezioni siano soltanto temporanee, che si ritorni a correre per riuscire ad arrivare puntuale a lezione, che si torni a studiare nelle biblioteche e discutere in classe insieme ai professori. Spero si possa tornare presto a laurearsi con strette di mano e abbracci, e che continueranno ad esserci matricole curiose dalle finestre del campus ad aspirare di essere, un giorno, anche loro nel cortile con una corona d’alloro sul capo.
Lorena CLERICO, Studentessa Università degli Studi di Torino