Martedì avevo un aperitivo digitale con i miei compagni di corso. Mercoledì, con gli amici di sempre, abbiamo reinventato Risiko da fare su Google Meet. Per non parlare di sabato: tombola in famiglia su Skype. La vita ai tempi della quarantena è online: togliamo mamma, papà e fratelli, il resto della giornata è un continuo click, una chat infinita: leggo il giornale, scrivo una mail, rispondo ad un messaggio, ascolto la lezione dell’università, partecipo alla riunione con l’ufficio, organizzo il ritrovo con gli amici, mi guardo un film.
Sono cambiati i mezzi, ma i contenuti sono gli stessi: le relazioni. Abbiamo bisogno di parlare, di condividere storie, di incontrarci, ma farlo online non è come trovarsi in piazza, guardarsi negli occhi e sedersi attorno ad un tavolo.
Chi più, chi meno, ma un po’ tutti abbiamo la necessità di coltivare quel legame con il prossimo. Alla fine di questa situazione particolare, torneremo volentieri – più di prima – a incontrarci: non dimenticheremo la comodità di alzare il telefono, attivare Skype e organizzare una videochiamata. Non cancelleremo il bel ricordo di quando ho aiutato la nonna a seguire la Messa della Domenica in live streaming.
Non torneremo indietro: faremo tesoro di questo periodo che ci ha avvicinati al mondo digitale, ma saremo capaci di metterlo da parte e capire quelle volte in cui, per quanto virtuale sia sempre più reale, il reale giochi ancora il ruolo di protagonista. Perchè è vero, stare a casa e organizzare una partita alla PlayStation è divertente, ma volete mettere l’adrenalina di fare due tiri a basket al campetto del quartiere? Per non parlare della comodità delle lezioni a casa, ancora in tuta, appena svegliati; ma siamo d’accordo che la ricreazione, l’inseparabile compagno di banco e l’ultima campanella che suona hanno un sapore tutto diverso.
Torneremo a stare insieme, nonostante il Coronavirus. Nonostante si sia scoperta la bellezza e la comodità della dimensione digitale. E lo faremo con una convinzione maggiore, con la consapevolezza di chi aveva perso qualcosa di essenziale e, ritrovandola, ha imparato a dargli il giusto valore.
Nicolò ROSATO – Studente, Università degli studi Ca’ Foscari Venezia