Sfera MediaGroup ha condotto una ricerca dal titolo “Nella mente dei genitori: riflessioni su bullismo e cyberbullismo”. Ci si è concentrati a indagare non solo la percezione, ma soprattutto le soluzioni che madri e padri vorrebbero proporre nei confronti del cyberbullismo; è emerso come l’empatia, intesa come educazione agli affetti, sia un possibile punto di partenza per provare a “guarire” la nostra società.
Ovviamente si è voluto indagare non solo il bullismo – digitale – ai giorni nostri, ma anche com’era subire il bullismo quando i genitori di oggi erano gli adolescenti di ieri. La prevaricazione fisica e verbale è sempre esistita, ma lasciava meno traccia, certamente non ne lasciava nel mondo virtuale.
Oggigiorno, la colpa primaria del fenomeno viene ricercata nei cattivi modelli e nei messaggi sbagliati veicolati da social network e tv e in secondo piano la diminuzione del livello culturale complessivo della società; la formazione è vista come primario strumento di risoluzione del fenomeno.
Bisognerebbe educare all’empatia e alla pacifica convivenza, informare su come comportarsi in caso di bullismo, educazione al bullismo obbligatoria a scuola, proporre corsi per potenziare l’autostima e la fiducia in sé stessi. Ma c’è anche chi pensa che inasprire le pene ai bulli e colpire le famiglie (per esempio, con multe), rendere più rigida e severa l’educazione in generale e aumentare la presenza delle forze dell’ordine siano soluzioni; ma chi è l’educatore cui si vuole assegnare questo compito?
Potenzialmente, il cyberbullismo è nelle mani di ogni ragazzino, che ne può essere carnefice o vittima. Controllare le chat serve, ma non troppo; ci si può imbattere infatti in situazioni estreme di violenza verbale, immagini violente e non adatte, istigazione alla violazione delle regole, infatti, ma si possono anche non cogliere forme di violenza più sottili e subdole e, per questo, meno facilmente identificabile ma ancora più spietata.
Dall’evento sono emerse necessità pressanti e pragmatiche, di un approccio sistemico tra genitori, insegnanti e tutta la comunità educante per dare una maggiore consapevolezza a riconoscere i fenomeni e di un fornire una guida ai bambini per navigare il web al sicuro; e se ci facessimo tutti, ma proprio tutti, una bella analisi di coscienza, chiedendo a noi stessi non cosa fare per riconoscere e curare le vittime ma quale esempio dare perché i carnefici non diventino dei rifiuti della società? E se invece che aspettare che l’Educazione e la Cultura facciano le nostre veci ci mettessimo noi in prima persona in discussione, come Educatori e soggetti acculturati, pronti a dare noi stessi degli esempi di adulti evoluti e visionari ai nostri ragazzi?
I.P.