Il web, la vita, il male. Social come uno specchio, riflettono ciò che ci mettiamo noi

Oltre alla zizzania, nel campo dei social è possibile trovare buon grano? Questa la domanda che mi ha suscitato la riflessione di Elisa Manna sulla “grande delusione dei social“. Dopo quasi trent’anni di esperienza sul campo, molte letture e riflessioni, la mia risposta è sì. È possibile. Anzi, è doveroso, se rimuoviamo due errori di fondo.

Era utopistico pensare che internet avrebbe creato un mondo più pacifico e dialogante, un regno di pace, amore e libertà. La natura dell’uomo non lo permette, perché esiste il male. Come ha scritto il filosofo Giovanni Maddalena, “l’antropologia di Silicon Valley non lo prevede. Eppure, il male è uno dei grandi misteri sempre presenti nella storia umana e sempre riconosciuto da tutte le religioni e le filosofie più intelligenti. Nella tradizione cristiana si chiama peccato originale proprio perché ne sottolinea l’intrinseca presenza nell’essere umano.”. (Il Foglio, 19 gennaio 2021).

Altro errore diffuso è il confondere l’essere “nativi digitali”, con l’essere competenti digitali. Invece è evidente che i nostri figli hanno bisogno di essere guidati nella loro esperienza social, così come in ogni altro ambito della vita. Per questo dal 2019 la nuova educazione civica (legge che votammo quasi all’unanimità) prevede una parte dedicata al digitale.

Per questo ci sono diverse esperienze e persone di qualità attive da anni per sostenere famiglie e studenti. Penso a Stefania Garassini e ai “Patti Digitali”, che uniscono il Centro di Ricerca “Benessere Digitale” dell’Università di Milano-Bicocca e tre associazioni attive nell’educazione all’uso dei media (Mec, Aiart Milano e Sloworking).

Penso a Rosy Russo e al suo “Manifesto della comunicazione non ostile”, che ha raggiunto decine di migliaia di studenti. Penso all’attività di don Luca Peyron a Torino e in tutta Italia, proprio via social o a quella sulla media education di Pier Cesare Rivoltella con il suo Cremit alla Cattolica di Milano oppure a Fabio Bolzetta, presidente dell’Associazione dei Webmaster Cattolici Italiani (WECA), di recente nominato Cavaliere dell’Ordine “Al merito della Repubblica Italiana”.

La forza degli influencer e quella degli algoritmi non ci deve spaventare. Manna ha ragione quando scrive che i social “sono diventati lo specchio stregato di un’estetica omologata”. Come ogni specchio, riflettono quello che ci mettiamo noi. Nessun algoritmo può obbligarci a usare questi strumenti in modo non rispettoso. Chi si riconosce nella fede cattolica sa bene che non vi è struttura esterna che possa impedire il buon uso della propria libertà a chi ha una coscienza preparata e saldamente ancorata ai principi che valorizzano l’umano. Vale per la vita, quindi vale anche per i social.

Qui il post oroginale

One thought on “Il web, la vita, il male. Social come uno specchio, riflettono ciò che ci mettiamo noi

  1. Gentile Antonio Palmieri,
    sono ben contenta di aver stimolato un’approfondita riflessione come la sua.Concordo nella sostanza: ci sono e ci sono sempre state autorevoli e preziose esperienze di uso responsabile dei media.La questione è sostanzialmente quantitativa: sono molti,molti di più quelli che usano irresponsabilmente i media. Concordo sull’ottimismo( è una necessità, tanto più per un cristiano), ma mi sembra che le cose vadano di male in peggio e bisogna esserne consapevoli

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