«Gli algoritmi non limitino il rispetto della dignità umana»

Estratto del discorso del Santo Padre Francesco ai partecipanti all’incontro dei «Minerva dialogues» promosso dal dicastero per la cultura e l’educazione.

Sono convinto che il dialogo tra credenti e non credenti sulle questioni fondamentali dell’etica, della scienza e dell’arte, e sulla ricerca del significato della vita, sia una strada per la costruzione della pace e per lo sviluppo umano integrale.

La tecnologia è di grande aiuto per l’umanità. E mentre riconosciamo i benefici della scienza e della tecnica, vediamo in essi una prova della creatività dell’essere umano e anche della nobiltà della sua vocazione a partecipare responsabilmente all’azione creativa di Dio (cfr Enc. Laudato si’, 131). Ritengo che lo sviluppo dell’intelligenza artificiale e dell’apprendimento automatico abbia il potenziale per dare un contributo benefico al futuro dell’umanità, non possiamo scartarlo. Sono certo, però, che questo potenziale si realizzerà solo se ci sarà una volontà coerente da parte di coloro che sviluppano le tecnologie per agire in modo etico e responsabile.

Non sarà facile raggiungere un accordo in queste aree. Infatti, «l’immensa crescita tecnologica non è stata accompagnata da uno sviluppo dell’essere umano per quanto riguarda la responsabilità, i valori e la coscienza» (ibid., 105). Invito, pertanto, a fare della dignità intrinseca di ogni uomo e di ogni donna il criterio-chiave nella valutazione delle tecnologie emergenti, le quali rivelano la loro positività etica nella misura in cui aiutano a manifestare tale dignità e ad incrementarne l’espressione, a tutti i livelli della vita umana.

Mi preoccupa il fatto che i dati finora raccolti sembrano suggerire che le tecnologie digitali siano servite ad aumentare le disuguaglianze nel mondo. Il concetto di dignità umana – questo è il centro – ci impone di riconoscere e rispettare il fatto che il valore fondamentale di una persona non può essere misurato da un complesso di dati. Nei processi decisionali sociali ed economici, dobbiamo essere cauti nell’affidare i giudizi ad algoritmi che elaborano dati raccolti, spesso in modo surrettizio, sugli individui e sulle loro caratteristiche e sui loro comportamenti passati. Non possiamo permettere che gli algoritmi limitino o condizionino il rispetto della dignità umana, né che escludano la compassione, la misericordia, il perdono e, soprattutto, l’apertura alla speranza di un cambiamento della persona. Solo forme di dialogo veramente inclusive possono permettere di discernere con saggezza come mettere l’intelligenza artificiale e le tecnologie digitali al servizio della famiglia umana.

La storia biblica della Torre di Babele (cfr Gen 11) è stata spesso utilizzata per mettere in guardia dalle ambizioni eccessive della scienza e della tecnologia. In realtà, la Scrittura ci mette in guardia dall’orgoglio di voler «toccare il cielo» (v. 4), cioè afferrare e impadronirci dell’orizzonte di valori che identifica e garantisce la nostra dignità umana. E sempre, quando c’è questo si finisce in una grave ingiustizia nella stessa società. Nel mito della Torre di Babele, fare un mattone è difficile: fare il fango, la paglia, ammassare, poi cuocere… Quando un mattone cadeva era una perdita grande, si lamentavano tanto: «Abbiamo perso un mattone». Se cadeva un operaio, nessuno diceva nulla.

Questo ci deve far pensare: cosa è più importante? Il mattone o l’uomo o la donna che lavora? E dopo la Torre di Babele, la conseguente creazione di lingue diverse diventa, come ogni intervento di Dio, una nuova possibilità. Essa ci invita a considerare la differenza e la diversità come una ricchezza, perché l’uniformità non lascia crescere, l’uniformità imposta.

La mancanza di diversità è mancanza di ricchezza, perché la diversità ci impone di imparare insieme gli uni dagli altri e di riscoprire con umiltà il senso autentico e la portata della nostra dignità umana. Non dimentichiamo che le differenze stimolano la creatività, «creano tensione e nella risoluzione di una tensione consiste il progresso dell’umanità» (Enc. Fratelli tutti, 203), quando le tensioni si risolvono su un piano superiore, che non annienta i poli in tensione ma li fa maturare.

Papa Francesco

 

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