Sul tema del revenge porn, le statistiche confermano che il sistema di sanzioni penali non è sufficiente a risolvere il problema. Infatti, nonostante l’entrata in vigore del codice rosso sono stati rilevati ben 2.329 reati denunciati che nel 73% dei casi coinvolgono donne, italiane (87%), maggiorenni (82%), ma il fenomeno è molto diffuso anche tra i giovani, anche minori ed è ragionevole pensare che siano tanti i casi che non vengono denunciati.
Peraltro, quando le immagini vengono diffuse il danno è ormai fatto e per la vittima le conseguenze psicologiche e sociali sono molto gravi ed è difficile poter riparare il danno.
Per questa ragione proprio un anno fa, con il D.L. 08/10/2021, n. 139, c.d. decreto sulle capienze, convertito dalla Legge 2021 n.205, è stato introdotto nel codice Privacy l’art. 144-bis (Revenge porn) che prevede un meccanismo di protezione preventiva allo scopo di prevenire ed impedire che la pubblicazione e diffusione delle immagini avvenga e il danno si realizzi.
Viene adesso previsto che chiunque (è sufficiente che abbia compiuto anche solo 14 anni),abbia fondato motivo di ritenere che registrazioni audio, immagini o video o altri documenti informatici a contenuto sessualmente esplicito che lo riguardano, destinati a rimanere privati, possano essere oggetto di invio, consegna, cessione, pubblicazione o diffusione attraverso piattaforme digitali, senza il suo consenso, ha facoltà di segnalare il pericolo al Garante per la protezione dei dati personali che interviene entro 48 ore adottando i provvedimenti necessari per impedire che le foto e i video segnalati vengano diffusi.
I fornitori di servizi di condivisione di contenuti audiovisivi che erogano servizi accessibili in Italia devono pubblicare nel proprio sito web e comunicare al Garante il recapito al quale possono essere comunicati i provvedimenti del Garante. In caso di inadempimento dell’obbligo, il Garante diffida il fornitore del servizio ad adempiere entro trenta giorni. Per chi non ottempera è applicabile la sanzione amministrativa pecuniaria fino a 10 milioni di euro o per le imprese fino al 2% del fatturato mondiale totale annuo dell’esercizio precedente, se superiore, prevista dall’art. 83, par. 4 del Regolamento Ue 2016 n.679 (GDPR). A seguito dell’entrata in vigore delle nuove disposizioni il Garante ha adottato già diversi provvedimenti.
Infine, se temiamo di essere vittima del revenge porn, facciamo subito la segnalazione alla polizia postale al Garante per la protezione dei dati personali e trasmettiamo il materiale che pensiamo possa essere utilizzato a nostro danno. Per questo motivo è bene non farsi prendere dal panico e non cancellare eventuali messaggi ricevuti o altro materiale che potrebbe risultare utile a fini probatori.
Il Garante della Privacy ha aperto un canale per bloccare le foto su Facebook e Instagram, tramite il sito, le persone maggiorenni che temono che le proprie immagini intime, presenti in foto e video, vengano condivise, possono rivolgersi al Garante Privacy.
Sulla pagina ufficiale, per le potenziali vittime di pornografia non consensuale è disponibile un form da potere compilare per fornire all’Autorità le informazioni utili a valutare il caso e a indicare all’interessato il link per caricare direttamente le immagini sul programma. Una volta caricate, le immagini verranno cifrate da Facebook tramite un codice “hash”, in modo da diventare irriconoscibili prima di essere distrutte e, attraverso una tecnologia di comparazione, bloccate da possibili tentativi di una loro pubblicazione sulle due piattaforme.
Come indicato dal Garante privacy restano imprescindibile la prevenzione, l’educazione e la consapevolezza del valore dei nostri dati e delle prassi di igiene informatica a protezione delle persone.
(2.fine)
prof. Mauro ALOVISIOe avv. Salvatore MAUGERI, Centro studi di Informatica Giuridica di Ivrea Torino