La pandemia ci ha lasciato in eredità un significativo balzo in avanti nell’utilizzo delle tecnologie digitali e un’enorme trasformazione tecnologica. A guidare la ripresa dell’occupazione post Covid sono state e sono tuttora le nuove tecnologie, dalle più semplici alle più complesse come la robotica, l’intelligenza artificiale, l’Internet of Things (IOT).
Da qui anche una profonda trasformazione socio-culturale che in soli due anni ha cambiato il mondo dello studio e del lavoro, ma anche della socialità e delle relazioni sociali. Tutti e tutto sempre più connessi e digitali e sempre più rapidi per stare al passo con Internet ultraveloce.
Di pari passo e nello stesso lasso di tempo anche la transizione verde, promossa col Green Deal europeo, ha fatto un passo “quantico” in avanti. A febbraio 2021 il Parlamento europeo ha votato per il nuovo piano d’azione per l’economia circolare che include obiettivi vincolanti per il 2030 su riciclo, l’uso e l’impronta ecologica dei materiali.
Da più parti si sottolinea come il connubio tra trasformazione digitale e rivoluzione verde rappresenti un’enorme occasione per aumentare la produttività, l’innovazione, le competenze e l’occupazione – ampiamente connessa al processo di digitalizzazione e di sviluppo di nuove tecnologie. Alcune stime indicano che il mercato della tecnologia verde cresce dell’8% all’anno.
A tutto questo fa da contraltare una produzione sempre più spropositata di rifiuti elettrici ed elettronici, che infatti sono la categoria di rifiuti che cresce più velocemente nell’UE (ma anche in Asia e altrove) e di cui in Europa si ricicla solo circa il 40%.
I rifiuti elettronici ed elettrici (RAEE) includono una varietà di prodotti diversi che vengono gettati dopo essere stati utilizzati per periodo più o meno lungo. I grandi elettrodomestici, come le lavatrici e le stufe elettriche, sono tra i rifiuti più raccolti. Seguono le apparecchiature informatiche (computer, stampanti), apparecchiature di consumo quali videocamere e lampade fluorescenti, poi i pannelli fotovoltaici ed infine i piccoli elettrodomestici
Nel solo 2019 a livello globale è stata prodotta una quantità di RAEE pari al peso di 350 navi da crociera, ovvero 53,6 milioni di tonnellate. Le cause sono da ricercarsi nei tassi di consumo sempre più elevati, nei cicli di vita sempre più brevi dei dispositivi e nell’offerta limitata di valide opzioni per la riparazione e il riuso. L’Europa detiene la maggiore quantità di scarti tecnologici pro capite (16,2 kg) con l’Italia che supera la media europea (17,2 kg a testa). Ma si stima che entro il 2030 si arriverà a generare oltre 74 milioni di tonnellate.
Peraltro, in base alle stime del rapporto pubblicato ai primi di giugno dal Sustainable Cycle Programme (SCYCLE) dell’UNITA non si sa che fine faccia l’83% dei RAEE a livello mondiale (pari a 44.3 milioni di tonnellate). Molto, troppo spesso tali rifiuti vengono smaltiti in modo non regolare, finiscono in discariche o inceneriti, oppure imbarcati illegalmente per i Paesi in Via di Sviluppo che non hanno le strutture e le tecnologie adatte a trattarli e riciclarli in modo eco-sostenibile. Eppure, sono tra i materiali più dannosi per l’ambiente dato che possono rilasciare sostanze nocive come il mercurio e il berillio.
Tuttavia i RAEE e il loro riciclo sono un elemento fondamentale per la transizione ecologica in Europa: sono infatti una vera propria miniera di metalli rari e preziosi.
Avete mai sentito parlare di “urban mining”?
E’ un processo virtuoso che consente di ricavare dai rifiuti metalli e materiali preziosi che diventano materie prime secondarie, entrando nell’economia circolare. Nei rifiuti prodotti nelle nostre città ci sono concentrazioni di metalli preziosi e rari pari, se non decisamente maggiori che nei giacimenti minerari. Da una tonnellata di schede elettroniche è possibile ricavare più di 2 quintali di rame, oltre 46 Kg di ferro, quasi 28 di stagno e alluminio e circa 18 di piombo, oltre a piccole quantità di argento, platino e palladio.
L’estrazione delle materie prime critiche dai RAEE ha oggi assunto anche una rilevanza strategica anche in funzione di una politica degli approvvigionamenti sicuri e sostenibili delle materie prime. Il mercato delle terre rare è sotto il controllo della Cina, che estrae nei propri territori rame, litio e terre rare, e da tempo ha stretto importanti accordi nei Paesi produttori per approvvigionarsi delle altre materie necessarie per componentistica e microchip. Russia e Ucraina d’altro canto erano anche tra i nostri principali fornitori di nichel, litio, platino, palladio e titanio. Ecco dunque le cause della carenza di semiconduttori e delle interruzioni della catena di approvvigionamento a cui stiamo assistendo.
La messa in atto di un efficace sistema di raccolta potrebbe fornirci le materie prime utili alla realizzazione di apparecchiature elettriche ed elettroniche senza doverle importare e la spinta verso innovazione e tecnologie per il riciclo e l’economia circolare può rappresentare senza ombra di dubbio un approccio strategico per mantenere l’Italia e l’Europa al passo con le sfide globali odierne.
Vittoria LUDA, SustainableCycles – United Nations Institute on Training and Research (UNITAR)