L’ avvento di Internet, come emblema della straordinaria rivoluzione digitale che ha trasformato profondamente la società, rappresenta una svolta storica nella storia dell’umanità, dando vita ad una nuova era tecnologica, caratterizzata dall’interconnessione globale tra gli utenti in grado di intensificare le proprie relazioni interpersonali quotidiane, unitamente alla proliferazione di nuove attività economiche e alla promozione delle attività di mobilitazione politica rese possibili anche grazie alla fruibilità generale di una crescente quantità di informazioni accessibili da tutte le parti del mondo.
In questo senso, anche Papa Francesco ha enfatizzato la rilevanza sociale della Rete, sottolineando i benefici comunicativi offerti da tale infrastruttura tecnologica, al punto da qualificare Internet come un «dono di Dio», riprendendo la celebre frase dell’attivista scrittore cinese Liu Xiaobo che ha ispirato nel 2010 la stesura dell’omonimo libro promosso per sostenere, come una sorta di manifesto programmatico, la campagna di «Internet for Peace» ideata per proporre la candidatura di Internet al Nobel per la Pace.
Non vi è dubbio che, per molti decenni, a partire dall’origine embrionale dello sviluppo evolutivo della Rete risalente al progetto Arpanet realizzato alla fine degli anni Sessanta, Internet ha migliorato gli standard sociali, politici, economici e culturali esistenti, come inedito spazio globale ove, in un mutato scenario di fervente globalizzazione, si è rafforzata la cittadinanza attiva declinata all’insegna di una consapevole vocazione partecipativa degli individui in grado di sfruttare i vantaggi offerti dalle tecnologie per promuovere processi di democrazia diretta, realizzare nuove imprese innovative e diffondere visioni di cambiamento finalizzate a stimolare, in un’ottica di pluralismo informativo circolare, il benessere equo e sostenibile della collettività.
Tuttavia, rispetto alle iniziali aspettative legate al funzionamento dell’architettura tecnica di Internet, come infrastruttura globale, interoperabile e decentralizzata, negli ultimi anni stanno emergendo profili sempre più insidiosi e preoccupanti riconducibili al «lato oscuro» della Rete, destinata quindi ad invertire il trend di fiducia illimitata verso uno sfrenato ottimismo evolutivo delle tecnologie, cedendo il passo, a fronte di un inesorabile cambio di rotta dello sviluppo digitale, alle implicazioni negative che si manifestano nel cyberspazio, ove si consolidano minacce, spesso impercettibili, per la tutela individuale degli utenti, esposti al rischio di pregiudizi suscettibili di compromettere il corretto esercizio dei propri diritti fondamentali.
Risultano sempre più frequenti le campagne di disinformazione veicolate online per inquinare il dibattito pubblico, generando «bolle di filtro» a senso unico ove circolano informazioni «polarizzate», anche se false e fuorvianti, che alimentano la violenza verbale fortificando, con effetti di manipolazione, le convinzioni – spesso errate – degli individui senza la possibilità di dialogare nell’ambito di un confronto pluralistico di idee a lungo associato alle dinamiche comunicative dell’ambiente digitale. Anche la privacy individuale è erosa a causa di sofisticati algoritmi di profilazione sempre più pervasivi in grado di processare una mole crescente di informazioni che si disperdono definitivamente online senza nessuna concreta possibilità di cancellazione, proprio perché, nel momento in cui vengono immessi in Rete, i dati personali sono definitivamente immagazzinati nella «memoria virtuale» eterna, lasciando tracce indelebili sull’identità digitale degli utenti.
Tale scenario già complesso e problematico è ulteriormente aggravato dall’impatto delle nuove tecnologie emergenti: l’Intelligenza Artificiale si sta sviluppando ad un crescente ritmo evolutivo, con rilevanti capacità di progettazione tecnica implementata da potenzialità predittive testate in auto-apprendimento, talvolta senza l’elaborazione di adeguati standard etici previamente definiti, con il rischio di generare effetti discriminatori su larga scala in presenza di pregiudizi decisionali codificati nel funzionamento dei relativi sistemi. Di fronte a tale inquietante panorama che tratteggia le attuali caratteristiche dell’ambiente digitale, davvero è possibile considerare Internet come un dono di Dio? Oppure – ancora una volta come spesso accade nella storia umana – uno strumento potenzialmente prezioso, espressione della divina provvidenza, oggi del tutto privato dei suoi benefici trascendenti, è invece utilizzato per finalità nefaste, rovinose e distruttive nell’esercizio del libero arbitrio dell’uomo?
Angelo Alù
Consigliere Internet Society Italia