Una premessa, l’idea romantica dell’artista è un spiantato che sta sdraiato sul divano ad ubriacarsi aspettando chissà quale inspirazione. Mi dispiace deludervi ma non è così, questa idea è buona per il teatro ed il cinema. L’artista lavora sodo con le materie, le tecniche, gli ambienti cercando di innovare quello che è già stato fatto in passato, se l’arte non innova è inutile.
Ricordiamo anche che le botteghe artistiche erano delle vere e proprie aziende con decine di artisti che lavoravano per le signorie e l’alta borghesia solo con lavori commissionati.
Ma veniamo al punto, con gli NFT si è creato un mercato immateriale dove non si compera un’opera ma un certificato digitale, è come acquistare una bottiglia di vino che non sarà mai bevuto perché ho solo un certificato digitale che dice che quello è un vino. Ormai nel mondo dell’arte si fa più parlare di questo ché non della ricerca artistica e mi domando se questo sia positivo, il risultato è che in questi anni, forse anche per l’epidemia, non ho visto quasi nulla di valido, solo tanta banalità, artisti più attenti a fare i personaggi alla moda piuttosto di creare qualcosa di significativo e con questo gli NFT vanno a nozze.
Come si dice da sempre l’arte è una cosa, il mercato dell’arte è un’altra, varia con i gusti, con le mode, tanti artisti sulla cresta dopo qualche anno sono stati totalmente dimenticati, non solo attualmente ma anche in passato. Ed anche il contrario, tanti artisti mai considerati sono diventati riconosciuti dopo decenni o centinaia di anni.
Il Non Fungible Token, cioè, certificati digitali di autenticità nati nel 2014, ha la particolarità di tenere traccia del movimento nel mercato dell’opera acquistata digitalmente, non solo, l’opera originale rimane sempre di proprietà dell’autore o del proprietario fisico che possono rivendicare il diritto di copyright, e come accennato prima è una nuova forma di mercato che non riguarda solo l’arte, potrei vendere un NFT di un paio di vecchie scarpe da tennis e così via…
Per la AI (intelligenza artificiale) è un altro discorso, qui non si parla di mercato ma di opere create da un (o diversi) computer, ovviamente hanno degli inserimenti di dati dalle persone ma il risultato è che l’opera arriva da una macchina e non da un intervento diretto da un’artista. Si può considerare arte? Eppure diverse di queste opere sono andate nei mercati dell’arte e vendute a cifre notevoli in famose case d’asta.
Da qualche anno nel mondo dell’arte gli NFT ed in qualche caso la AI sono entrati attraendo collezionisti, mercanti, studiosi, critici e molti artisti. Posso capire che i musei che in tutto il mondo si sono messi in questo mercato per fare introiti monetari, ben venga dato che molti sono aperti per miracolo e molti altri non riescono ad aprire ai visitatori perché senza fondi. Chissà se gli NFT e la AI saranno solo una moda che prima o poi passerà oppure sarà una nuova mentalità di commercio.
Comunque, il contatto fisico con un’opera d’arte è essenziale, faccio un esempio, una cosa è vedere una fotografia al computer, ovviamente si capisce se è bella o no, ma guardare una stampa di quella fotografia davanti al naso è un’altra cosa, e così per qualsiasi opera, perfino sentire l’odore, guardare i rilievi e potrei andare all’infinito per le sensazioni che ci può portare. Basta pensare al termine vernissage, era perché quando si andava in una galleria si sentiva l’odore della vernice dei dipinti. Non solo, le gallerie d’arte sono dei salotti culturali come le case e gli studi di tante persone di questo mondo, potrei fare una quantità di nomi che ho avuto la fortuna di frequentare, da Zeri a Gian Ferrari, da Daverio ad Azuma e da loro ho imparato tantissimo.
Con questo non sono affatto contrario alla innovazione e la tecnica, sono stato uno dei primi fotografi ad esperimentare la fotografia digitale nel 1982, avevo capito che quello era il futuro ma non m’impediva di pensare alle mie fotografie, è solo una tecnica diversa.
Antonio Salvador
fotografo