In futuro le imprese cambieranno l’organizzazione del lavoro dei loro dipendenti. Accadrà perché lo spazio delle attività in presenza sarà fagocitato in larga parte dalle occupazioni da remoto. «Industria Italiana» a riguardo stima che il 51% delle grandi imprese mondiali sta valutando di riprogettare gli spazi fisici delle loro aziende aumentando il numero delle giornate lavorative da remoto (70% delle aziende) e assumendo un numero elevato di smart worker (65% delle aziende).
Davanti a tali prospettive è facile prevedere che il campo d’azione dell’uomo nel lavoro smart sarà sempre più ridotto rispetto al modello tradizionale: il lavoratore sarà estraniato dal mondo che lo circonda e dal quadro d’insieme del lavoro. Il rischio è quello di retrocedere passando dalla libertà di autodeterminazione dell’uomo-lavoratore nella sua attività all’alienazione lavorativa. Questo paradigma ricorda gli operai delle fabbriche del XIX e XX secolo, che eseguivano operazioni ripetitive e alienanti in catena di montaggio come già fanno e continueranno a fare gli smart worker di oggi seduti per ore davanti allo schermo a compiere azioni sempre uguali.
Bisogna insistere nel mettere al centro del dibattito il capitale umano, inteso come «l’insieme di capacità, competenze, conoscenze, abilità professionali e relazionali possedute in genere dall’individuo» (definizione Treccani) si potrebbe pianificare un lavoro e un’impresa digitale più umani. Maggiore sarà lo spazio umano nel mondo digitale, maggiore sarà il rendimento del lavoratore, che equivale a maggiore produttività.
Sta accadendo già negli Stati Uniti dove la Casa Bianca è al lavoro con i suoi consiglieri scientifici per elaborare una carta dei diritti dell’uomo nel settore IA sul modello del Bill of Rights, uno dei pilastri dei diritti civili e politici anglosassoni.
In Italia lo scorso luglio è stato sottoscritto il primo contratto collettivo nazionale di lavoro per l’ITC da Cifa e Confsal, ma è ancora poco ed è importante incominciare dall’uomo se si vuole evitare che si eclissi in questo processo.
Federico CORTESE