In un inserto di giugno, scrivevamo dell’introduzione dal 1° giugno, del Green Pass. Inizialmente passato in sordina. Poi con un D.L. di luglio il n. 105, il Certificato Verde è diventato obbligatorio per accedere a ristoranti, palestre, cinema, ed altri luoghi al chiuso. Così è iniziato il tutto, per gradi; fino ad approdare, con il D.L. 127/2021, anche nei luoghi di lavoro del comparto tanto pubblico che privato.
Dal 15 ottobre, tutti i lavoratori siano essi dipendenti, collaboratori anche esterni (come professionisti), personale domestico come colf, e dipendenti di attività di formazione e volontariato, avranno l’obbligo di possedere ed esibire su richiesta, il Green Pass.
Un “lasciapassare” che, oltre a creare non pochi problemi a livello interpretativo già solo per il complesso coordinamento tra norme vieppiù in assenza di adeguate linee guida, pone questioni concrete con interrogativi aperti. Tentando di fare chiarezza in estrema sintesi, detto obbligo resterà in vigore fino al 31 dicembre (cessazione dello stato di emergenza). I datori di lavoro sono tenuti ad adeguarsi attraverso la realizzazione di un documento cd POO (Piano Organizzativo e Operativo) ad integrazione del Protocollo Covid, dovendo dare evidenza di tutto quanto occorra ai fini delle modalità di attuazione delle verifiche (chi – come – quando – con quali conseguenze) nonché delle misure di sicurezza (scelta dello strumento/APP, ad esempio) messe in atto, adoperando quali accortezze (DPIA) in materia di protezione dati. I lavoratori, per parte loro, hanno un preciso “dovere” di ottemperare al nuovo obbligo. In difetto saranno passibili di sanzione pecuniaria (dai 600€ ai 1.500€) che verrà irrogata dal Prefetto. Oltre a ciò, il lavoratore sprovvisto di un valido Green Pass sarà considerato “assente ingiustificato”, senza aver diritto ad alcuna retribuzione/emolumento.
Insomma, da ambo le parti, problemi a non finire si palesano all’orizzonte.
Avv. Chiara PONTI, IT Legal e nuove tecnologie