Facebook ingannerebbe i propri utenti. Lo confermerebbe la sentenza del mese scorso del Consiglio di Stato, che boccia il ricorso di Facebook Ireland contro una sanzione erogata per lo stesso motivo nel 2018 e, in collaborazione con l´Autorità Garante Privacy e l´Antitrust, ribadisce che i pilastri dell´economia digitale sono proprio i dati degli utenti, che vengono ceduti a siti web e social network apparentemente gratuiti. In realtà le entrate di questi servizi si basano proprio sulla vendita dei dati personali degli user per scopi pubblicitari.
Questa sentenza “apre la porta a molte questioni rilevanti per il futuro dei nostri diritti nell’economia digitale”, dice Guido Scorza, componente dell’Autorità Garante Privacy. Anche il Tar del Lazio ha sottolineato come Facebook induca ingannevolmente gli utenti consumatori a registrarsi ai propri servizi, non informandoli adeguatamente e immediatamente, in fase di attivazione dell’account, dell’attività di raccolta, con intento commerciale, dei dati da loro forniti, e, più in generale, delle finalità remunerative che sottendono la fornitura del servizio di social network, enfatizzandone la sola gratuità.
La risposta di Facebook è stata tempestiva, ma si è trattato di un adeguamento solo parziale alla sentenza. Infatti, è stata rimossa la menzione alla gratuità della piattaforma ma non vi sono cenni espliciti all´utilizzo commerciale dei dati degli utenti. È ormai diffusa la consapevolezza che sia necessaria una maggiore regolamentazione dell´acquisizione e dello scambio di questo bene fondamentale della persona, tutelato anche dalla Carta dei diritti fondamentali dell´Unione Europea, che in questo periodo storico è stato ridotto a mero prodotto economico, con un valore dettato dal mercato.
Come evidenzia l’avvocato Antonino Polimeni: “Qualcosa deve cambiare. Se ne sente l’esigenza in modo ormai trasversale e diffuso. Gli stessi colossi di internet se ne rendono conto e stanno sperimentando metodi per ‘anonimizzare’ la profilazione dell’utente, Google in testa, per un futuro prossimo in cui privacy e interessi commerciali convivranno con maggiore equilibrio”.
Jasmine MILONE